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Attualità sabato 28 novembre 2020 ore 10:37

Moda in rosso ma come fatturati e produzione

Pernici di Cna lancia l'allarme: "I negozi non vendono i magazzini sono pieni e molti marchi non hanno realizzato neppure i campionari per il 2021"



AREZZO — Se la pandemia ha messo in ginocchio il Paese, la moda è senza dubbio uno dei settori tra i più colpiti dalla crisi economica che si è venuta a generare.
Se il 2020 è stato disastroso, il 2121 si preannuncia come un anno alquanto "complicato".

A parlarne è Paolo Pernici, portavoce Cna Federmoda Arezzo: “Buona parte della stagione primaverile è rimasta nei magazzini, ciò significa che i negozi che non hanno venduto, non hanno comprato. Per contenere i costi, alcuni marchi non stanno producendo neanche il campionario, o lo stanno facendo in minima parte. Lo stesso si sta verificando ora con la stagione invernale, i negozi non vendendo abiti invernali, dunque non li ricompreranno, e così è compromessa anche la prima metà del 2021. Tradotto, questo significa che per la produzione la crisi è ancora più grave rispetto ai marchi, se questi accusano un calo dal 30 al 50%, la produzione è calata dal 40 al 60%”.

Una fotografia che non fa ben sperare per una imminente ripresa, anzi. L'incertezza sulla fine della pandemia e sull'effettiva distribuzione ed efficacia dei vaccini inducono a credere la ripresa avvenga non prima del prossimo settembre. Quindi tanti mesi caratterizzati da una forte difficoltà del settore.

A tal proposito, Pernici ribadisce la necessità di un intervento istituzionale che tenga in considerazione l'intera filiera. "Se il negozio non vende, il marchio non ordina e la produzione è ferma. Considerando che il comparto moda rappresenta il 30% del manifatturiero in Toscana e che il 23% degli occupati del settore si trovano proprio nella nostra Regione, voglio augurarmi che la nostra richiesta di convocare gli stati generali venga accolta. Per questo ci siamo mossi assieme alle altre associazioni, non è il momento per le iniziative dei singoli”.

Pernici pone infine l’accento sulle forti peculiarità del comparto moda: “I finanziamenti regionali sono tutti orientati a sostenere l’industria 4.0. Ma il settore moda è fatto di una componente artigianale dalla quale non si può prescindere. Le piccole e medie imprese racchiudono il 60% degli occupati. Non sono il retaggio di un passato che sta scomparendo, sono il frutto delle richieste di mercato: la piccola impresa sa reagire meglio agli sbalzi produttivi. Perciò subordinare gli aiuti al rispetto dei paradigmi del 4.0 vuol dire ribaltare il concetto, non si può giudicare un settore a forte vocazione artigianale sulla base dell’introduzione di tecnologia avanzata. Le esigenze delle nostre aziende sono perfino banali: cambiare i macchinari, rinnovare gli ambienti, fare formazione. Quello che chiediamo è che si guardi la realtà per quella che è: piccole e medie imprese sono fondamentali per il sistema moda e devono essere aiutate”.


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