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Attualità giovedì 15 ottobre 2020 ore 09:45

​Dei fa il tampone al Covid, aretini più a rischio

La direttrice sanitaria dell'Asl Tse spiega perchè la provincia ha il maggior numero di positivi: 944. Focus sul S.Donato. In un giorno 1400 test



AREZZO — Sono i numeri a scandire le giornate nell’anno del Covid. Numeri che servono per capire a chi è in prima linea nella battaglia contro il virus, cioè nella frontiera degli ospedali, e per sapere cosa sta accadendo in città e nel resto della provincia. Si sa che il virus corre ma sono ancora i numeri a dare il quadro della situazione. Simona Dei, direttrice sanitaria Asl Tse (comprende le province di Arezzo, Siena e Grosseto) i numeri è abituata a leggerli e non da ora; certo è che adesso diventano strumenti indispensabili di lavoro per gestire, analizzare, decidere.

Il numero di riferimento sono le persone positive al virus: ad oggi, sono 944 in tutta la provincia. Il dato sta aumentando proprio nell’Aretino dove “abbiamo percentuali un po' più alte rispetto a Siena e Grosseto”. Perché? Dei traduce numeri, statistiche, grafici, raffronti con periodi precedenti in azioni e spiega che molto dell’escalation dei contagi è riconducibile all’incidenza della densità demografica, della mobilità delle persone. E se le persone si muovono, il virus viaggia con loro. “Questo dato rappresenta una caratteristica della provincia aretina rispetto a quella senese e grossetana ed è l’elemento che, paradossalmente, oggi rappresenta un fattore di rischio”.

L’arma in mano agli operatori sanitari e in chi, ai piani alti della Asl Tse, deve decidere da che parte andare, è la mappatura dei casi e l’isolamento domiciliare delle persone infettate. “Abbiamo aumentato il numero dei tamponi e le azioni per tracciare i possibili contatti dei casi positivi. Un lavoro che serve per isolare i focolai ed evitare che da un caso di contagio ne escano molti”. Tamponi per trovare, testare e isolare. Anche qui servono i numeri per capire.

Nella sola giornata di ieri a livello provinciale la programmazione disposta dall’Azienda è stata di “1354 tamponi ai quali si aggiungono quelli che arrivano dai Pronto Soccorso e che per questo, non possono essere programmati. Abbiamo implementato macchinari per questa specifica attività di rilevazione, ad esempio ad Arezzo ne avremo uno in più. L’impennata di casi nelle ultime due settimane ha dato una bella scossa ma stiamo rispondendo bene e nel giro di alcuni giorni, se ci sarà bisogno, siamo in grado senza problemi di aumentare il numero di tamponi fino a 1800-1900. Come Azienda, è nostra intenzione avere tamponi adeguati per trovare casi positivi, isolare evitando il più possibile la diffusione del contagio e il rischio di arrivare a un cluster”, spiega la direttrice sanitaria della Asl Tse.

Arezzo a rischio cluster?

Già il cluster. Parola evocata non senza preoccupazione due giorni fa, dal sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli nella consueta diretta Facebook sull’aggiornamento Covid a fronte dell’escalation di casi in città. Parola che porta a un altro termine, ormai noto a tutti: lockdown.

Simona Dei tiene a rimarcare che il lavoro intenso di queste settimane serve proprio a tenere la parola cluster lontana dalla città perché di cluster si parla quando il contagio del virus è talmente diffuso da essere fuori controllo. Non è così. “In questo momento non ho motivo di pensare a una situazione del genere. Noi isoliamo le persone positive e subito identifichiamo i contatti proprio per contenere la trasmissione del virus. Non siamo in una situazione di allarme, bensì di alta attenzione. In altre parole, siamo in quella fase di giusta attenzione e lettura del fenomeno attivando tutte le azioni necessarie per rispondere adeguatamente. Le azioni di contenimento del contagio che ciascuno di noi è chiamato a seguire, cioè l’uso della mascherina, il lavaggio frequente delle mani e la distanza di sicurezza sono fondamentali e se il sindaco Ghinelli ha lanciato questo messaggio, va nella stessa direzione”.

In ospedale

Simona Dei fa il punto sull’ospedale di Arezzo “fotografando” la trincea di chi ci lavora e l’impegno di chi pianifica e gestisce la “macchina”. “Al San Donato abbiamo tre moduli di Terapia Intensiva, sei più sei. Un modulo da sei è completo Covid. Ad oggi in Terapia Intensiva registriamo una minore durata del ricovero rispetto alla prima ondata, con dimissioni e ingressi; ciò dimostra che c’è un ricambio e ci sono persone che escono dalla fase più acuta. Abbiamo disponibilità di posti letto non Covid e la possibilità di aumentare i moduli se la situazione dovesse richiederlo. Va ricordato che nella prima ondata di marzo-aprile, sul totale dei ricoveri non abbiamo mai superato il 20 per cento in Terapia Intensiva”.

C’è poi un dato in più che fa la differenza tra la prima e la seconda fase Covid e rende il San Donato struttura d’eccellenza. Dei lo sottolinea con orgoglio: “Rispetto alla prima ondata, al San Donato garantiamo tutti gli altri servizi sanitari: dagli interventi chirurgici, alle visite specialistiche, all’attenzione sui tempi di attesa per le prestazioni diagnostiche". 

In questo momento e con questi numeri "riusciamo a garantire servizi sanitari ai cittadini mettendo in pratica la prima priorità, ovvero la separazione dei percorsi all’interno dell’ospedale, e a seguire con precisione giorno per giorno il panorama epidemiologico. Abbiamo disposto trasferimenti di alcuni ambulatori proprio per la massima cura nella separazione dei percorsi interni per i pazienti. A marzo-aprile il San Donato era sostanzialmente una bolla Covid, cosa che in questo momento non esiste. Sembra la normalità, in realtà alla normalità di prima abbiamo aggiunto la presenza del Covid”.

Qui i numeri lasciano spazio alle persone che ogni giorno combattono fuori e dentro le corsie d'ospedale contro uno stramaledetto virus. 

Lucia Bigozzi
© Riproduzione riservata


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