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"Commercio e ristorazione non diffondono il virus"

Confesercenti sottolinea come l'entrata della provincia di Arezzo in zona rossa sia l'ennesima mazzata all'economia locale

Mario Checcaglini, presidente Confesercenti

E' uno sfogo amaro quello di Mario Checcaglini. Il direttore di Confesercenti Arezzo ribadisce che non è possibile pensare di battere il virus chiudendo tutte le attività del commercio ed insiste sulla necessità di una strategia capace di uscire dalla pandemia in tempi ragionevoli, abbinata anche ad azioni per evitare il fallimento delle imprese.

"Non sono queste le chiusure che risolvono i problemi della diffusione del virus - dichiara Mario Checcaglini. E' passato un anno dal primo lockdown e siamo di nuovo a commentare le chiusure nella provincia di Arezzo che da lunedì sarà zona rossa. Non vogliamo apparire indifferenti ai gravi problemi di salute dei nostri concittadini e quindi sottolineare che chiudere le attività sia uno sbaglio, può apparire sconveniente e antipatico. Ma non sono il commercio e la ristorazione a diffondere il virus”.

Secondo il direttore di Confesercenti Arezzo il contagio si diffonde per altri motivi, ben evidenti a tutti.  
"Il commercio e la ristorazione sono le vittime della diffusa irresponsabilità di chi va in giro senza rispettare le regole, di chi si assembra e non indossa la mascherina correttamente. È così che si diffonde il virus. Per contenere questi comportamenti non si fa molto, anzi non si fa pressoché nulla. E non riguarda solo e soltanto le istituzioni, riguarda anche le famiglie, le quali dovrebbero esercitare il loro ruolo genitoriale con maggiore efficacia e quindi esercitando più controllo del comportamenti dei loro ragazzi”.

La situazione economica in provincia di Arezzo è grave.
“Ci sono attività - insiste il direttore di Confesercenti - che oramai da un anno sono chiuse, se si esclude solo la parentesi estiva dell’anno passato. Sono imprenditori che non ce la fanno più ad andare avanti. Non ce la fanno più economicamente, e non ce la fanno nemmeno dal punto di vista psicologico”.

“Da parte di Confesercenti - conclude Mario Checcaglini -  è un dovere esprimere solidarietà a questi settori economici che pagano un prezzo alto alle misure di contenimento del virus. Il segnale di solidarietà dovrebbe giungere anche dalle tante persone che si dicono preoccupate per la salute pubblica e perciò chiedono chiusure ma lo fanno da una situazione garantita, questa che sia da smart working, dalla pensione o dalla cassa integrazione e non devono sopportare il peso di una prospettiva di assenza di reddito per loro e per le loro famiglie”.