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L'Assunzione e l'Incoronazione della Vergine

Con la storica dell'arte Ilaria Pugi, in questo 15 agosto, alla scoperta di un'altra bellezza di Arezzo: la pala d'altrare conosciuta come "Albergotti"

La festa dell'Assunta del 15 agosto richiama alla mente una tradizione molto popolare ed è una delle feste mariane più antiche che accomuna cattolici e ortodossi.

Il tema dell’Assunzione della Vergine Maria, molto caro ad artisti di ogni epoca che con diverse sensibilità lo hanno rappresentato in disegni, dipinti e sculture, ha trovato da sempre nell’arte ampi spazi di ispirazione nella raffigurazione della Madonna, a cominciare dagli affreschi catacombali nel cimitero di Priscilla del II-III secolo d.C.. Dedicata alla fine dell’esistenza terrena della Madre di Gesù, la festa ha assunto il nome di “Assunzione” nel mondo occidentale e di “Dormizione” di Maria nella Chiesa d’Oriente, e venne riconosciuta da Pio XII solo nel 1950, dopo un’ampia ricerca storica sulla fede della chiesa antica.

All’interno dello scenografico spazio della chiesa della Badia di Santa Flora e Lucilla ad Arezzo, è custodita una tavola di Giorgio Vasari raffigurante l’Assunzione e Incoronazione della Vergine, realizzata dal grande artista aretino nel 1567. Conosciuta oggi come Pala Albergotti, fu eseguita, come riportato nelle Ricordanze dallo stesso Vasari, su commissione della famiglia Salviati di Firenze e poi venduta per 200 scudi all’aretino Nerozzo Albergotti, che la pose nella cappella di famiglia situata vicino al presbiterio, a destra dell’altare maggiore nella chiesa di Santa Maria della Pieve. L’opera rimase lì fino al 1865, anno in cui fu spostata nella Badia assieme all’Altare maggiore (anch’esso del Vasari), in occasione del radicale restauro della Pieve che, nel tentativo di ristabilirne l’aspetto medievale, la privò di tutte le opere d’epoca successiva, che furono spostate o distrutte.

La pala d'altare è costituita da più tavole di diverse dimensioni inserite entro un'unica struttura. Nella parte centrale della tavola sono raffigurati gli apostoli: alcuni sorpresi e con gesti di meraviglia guardano il sepolcro vuoto, pieno di fiori, mentre altri volgono lo sguardo verso l’alto, a contemplare l’incoronazione della Madonna. Fra gli apostoli il Vasari ha rappresentato sé stesso, rivolto verso lo spettatore mentre tiene in mano il libro delle Vite. Ai lati della parte centrale sono invece ritratti i santi Francesco e Donato mentre negli otto esagoni incassati nella parte superiore della cornice a forma di arco, sono inseriti i volti di sante martiri, riconoscibili dai propri attributi iconologici. Da sinistra troviamo Caterina da Siena, Apollonia, Agata, Orsola, Caterina d'Alessandria, Lucia, Margherita, e Maddalena.

La ricca cornice del dipinto è certamente posteriore alla tavola e fu realizzata probabilmente dopo l'acquisto della pala da parte della famiglia aretina degli Albergotti, come viene ricordato da Marcantonio Vasari nel 1571 nelle aggiunte alle Ricordanze di Giorgio.

Per la realizzazione di quest’opera l’artista aretino prese probabilmente spunto dall’ “Assunzione della Vergine" Panciatichi, realizzata da Andrea del Sarto in Palazzo Pitti e già studiata dallo stesso Vasari nel 1539 e dal soggetto con la "Madonna incoronata dalla Trinità", tema iconografico non comune nel Cinquecento fiorentino, ma ripreso da una delle incisioni del Dürer della "Vita di Maria" della Madonna incoronata.

di Ilaria Pugi