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Positivi al test sierologico, il buco normativo

Sindacati: Se ad un lavoratore vengono trovati gli anticorpi deve eseguire il tampone, nel frattempo resta isolato a casa ma per l'Inps non è malattia

L'incongruenza normativa la mettono in risalto i sindacati del trasporto pubblico.

Le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil sottolineano come da parte dei lavoratori ci sia tutta la volontà di eseguire i test volontari, di fare la loro parte per combattere il Covid ma chiedono regole chiare che non penalizzino ulteriormente chi le rispetta.

"Se a un dipendente vengono riscontrati gli anticorpi con il test sierologico, deve giustamente sottoporsi al doppio tampone per la verifica e, in attesa dell'esito definitivo, rimane a casa seguendo le stesse regole come se fosse risultato già positivo. Ma - e qui è emerso il problema - alcuni medici di famiglia non considerano malattia il periodo tra l'esito del sierologico e quello del secondo tampone. E quindi non comunicano all'Inps l'ingresso in malattia del lavoratore. L'azienda non può ovviamente farlo rientrare al lavoro e l'Inps non lo considera in malattia. Al lavoratore non resta che andare in ferie, ovviamente recluso in casa".

I sindacati, in questa vicenda, hanno registrato una convergenza anche con le prime aziende del settore interessate ai testi sierologici. "E' evidente - concludono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti - che si tratta di un incidente burocratico. Il nostro settore è già in fortissime difficoltà, abbiamo cassa integrazione e incertezze sul futuro. Adesso non è possibile che i nostri lavoratori siano sostanzialmente costretti a pagarsi il test sierologico da soli con le loro ferie. Di questo problema abbiamo già informato le federazioni di categoria sia regionali che nazionali".

Insomma, un altro tassello della grande confusione normativa che regna in questa Fase 2.