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Attualità venerdì 27 novembre 2020 ore 07:00

​Quella volta che Maradona 'vestì' Bancaetruria

Stadio “Olimpico” di Roma, 12 maggio 2008, una Partita del Cuore con il logo della nostra banca sul braccio. E con il solito sinistro fatato



ROMA — Diego Armando Maradona ha indossato, per una sera, una maglia azzurra con il logo del nostro storico istituto di credito ormai scomparso. Era il 12 maggio 2008, allo Stadio “Olimpico” di Roma andava in scena la Partita del Cuore, che vedeva opposte una squadra mista di sportivi e artisti, chiamata “Unica” e la Nazionale Italiana Cantanti, fra le cui fila c'erano anche tanti calciatori in attività o che avevano ormai appeso le scarpette al chiodo. Fra loro c'era lui, il Pibe de Oro. Sulla maglia, sul braccio destro, l'inconfondibile logo di Bancaetruria, che della serata presentata da Pupo e dal compianto Fabrizio Frizzi era uno dei main sponsor. Maradona, quella sera, giocava indossando fra gli altri sponsor anche la banca di Arezzo.

Una serata speciale e magica, come sono sempre state le Partite del Cuore. In quell'occasione erano tanti i campioni che avevano risposto all'appello. Si giocava per realizzare il primo Campus Produttivo della Legalità e della Solidarietà nel parco della Mistica. La presenza di Diego dava lustro alla serata, ma c'erano tante altre stelle del calcio mondiale sul prato dell'Olimpico. E tanti altri campioni dello sport, sia in attività che ormai fuori dal panorama sportivo attivo. Maradona giocò in un ruolo diverso dal solito. Nel corso della sua carriera aveva sempre puntato la porta, il gol, l'apoteosi del calcio. In quell'occasione si schierò più indietro, davanti alla difesa, a fare il vero e proprio regista della sua squadra. Era senza dubbio il più atteso, insieme ai due principali promoter della serata, Totti e Ramazzotti. La sfilata delle star all'ingresso attirava l'attenzione delle decine di fotografi che erano a bordo campo, ma gli obiettivi si girarono tutti verso il Pupone e Diego, entrati in campo insieme a braccetto. Il Capitano della Roma era infortunato e non disputò la gara, a differenza di Maradona.

Dal suo addio ufficiale al calcio erano passati ormai 11 anni, ma la carriera di Diego era finita addirittura nel 1994, quando venne fermato dalla squalifica per doping. Risultò infatti positivo all'efedrina nel corso dei mondiali americani, e il suo ritorno in campo successivo fu solo per non chiudere con quell'onta al Re del calcio. Quel decennio lo aveva visto ovviamente perdere la forma fisica, che in quei mesi stava però recuperando. Era palesemente sovrappeso e con poca mobilità in campo, ma con quel suo solito piede fatato, quel tocco magico che in pochissimi hanno potuto vantare. Uno su tutti era Zico, in campo quella sera, ma c'erano diversi campioni del mondo sul prato: De Rossi, Perrotta e Materazzi ad esempio, protagonisti della cavalcata azzurra in Germania due anni prima. C'era Lavezzi, nel pieno della sua carriera, ma anche Zola, Peruzzi, Julio Cesar, Aldair, Spalletti, Rocchi, Mexes, Bruno Conti. Non stupiva che Diego lasciasse allibiti cantanti e artisti, oltre che il pubblico, con i suoi numeri. Troppa la differenza fra loro e la sua tecnica. Molto più strano era vedere come riuscisse a sorprendere anche i suoi ex colleghi, con tocchi di fino e un controllo di palla davvero invidiabile. Lanci di 60 metri sui piedi dei compagni, dribbling e tunnel, come se fossero la cosa più semplice del mondo. Fino a quel momento della ripresa in cui andò a calciare un rigore, in porta c'era Andrea Lucchetta, che si girò a chiedere aiuto ai fotografi per ipnotizzarlo. Un lungo boato trattenuto del pubblico, la rincorsa, e poi quel diagonale rasoterra, dritto nell'angolino, con l'esplosione delle migliaia di spettatori e l'abbraccio dell'ex alzatore della nazionale di pallavolo. Tutto con Bancaetruria sul braccio, quando ancora la nostra banca era talmente importante da poter vestire la maglia del più forte giocatore di tutti i tempi.

Giulio Cirinei
© Riproduzione riservata


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