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​Gramoz Burba e l’Iso-Polifonia albanese

di - martedì 01 marzo 2022 ore 07:00

Gramoz Burba
Gramoz Burba

Non ci avevo mai pensato prima, non in questi termini, ma ognuno di noi porta con sé una chiave per aprire infinite porte. Niente che riguardi il furto - ci mancherebbe - ma, piuttosto, il dialogo, il confronto e lo scambio. È una chiave che teniamo stretta, dentro di noi, in un luogo protetto e delicato. È forma e materia e insieme aria e respiro. È suono modulato nel tempo. È la nostra voce. Sono le nostre corde vocali. Patrimonio collettivo da condividere.

Ben lo sanno i poliglotti quale chiave d’accesso al mondo e all’umano possa essere la conoscenza di più lingue altrui. Ma c’è una forma espressiva che abbatte persino la barriera dell’impegno e delle molte ore di studio e di pratica che occorrono per potersi esprimere in una lingua che non sia quella madre. Che apre a tutti, indiscriminatamente, le porte di una cultura. È la prima riconosciuta forma di vita: la vibrazione. È il canto.

L’Iso-Polifonia albanese è una di queste porte curiose di cui abbiamo, pur senza saperlo, la chiave. Sembra impensabile che secoli e secoli di pratica e di cultura - l’Iso-Polifonia albanese figura tra i patrimoni orali e immateriali dell’UNESCO - siano a portata di voce eppure è quanto mi è capitato di vivere personalmente nel recente laboratorio tenutosi ad Arezzo dal leader dell’Albania Iso-Polyphonic Choir: Gramoz Burba. Sia ben chiaro: l’Iso-Polifonia richiede studio e pratica come ogni disciplina. Non è affatto semplice. Non è affatto banale. Eppure la chiave della nostra voce riesce ad accedervi con inaspettata semplicità. Vibra e già vi è dentro ripercorrendo, intravedendo, secoli di cultura, territori e paesaggi fino a poco prima sconosciuti. Ascolta, immagina, interpreta ed è già parte di un lungo cammino. Ed è subito in buona compagnia. Soprattutto se un maestro le tende la mano.

L’incontro con Gramoz Burba ha rappresentato per Arezzo un passo importante nella costituzione del Coro Multiculturale della Fondazione Guido d’Arezzo, realizzato dalla Fondazione stessa in collaborazione con Officine della Cultura e Orchestra Multietnica di Arezzo. Ne sentirete ancora parlare. Personalmente è stata un’inaspettata occasione d’incontro con la musica tradizionale albanese - e di ritrovo con le mie corde vocali - oltreché la scoperta di un musicista eccezionale al quale mi sono permesso di fare, pensando a questo blog, un paio di domande.

Chi legge sappia che Gramoz Burba sarà di nuovo ad Arezzo la prossima estate e che il Coro Multiculturale della Fondazione Guido d’Arezzo continuerà a portare avanti lo studio legato all’Iso-Polifonia albanese anche grazie ad Eli Belaj, una tra le voci preziose dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. Qualora dal presente articolo nascesse un interesse a farne parte l’invito è a contattare Officine della Cultura al numero 057527961.

Gramoz Burba, tu e gli altri membri del tuo coro siete soliti insegnare l’Iso-Polifonia all’estero o questa è un’eccezione… una novità?

No. L’insegnamento dell’Iso-Polifonia è una pratica che facciamo ed esperienze simili a questa le abbiamo già fatte in Germania, In Finlandia e in Francia. Questa è la prima volta In Italia. La prima se pensiamo all’insegnamento dell’Iso-Polifonia, non ai concerti. Con L’Albanian Iso-Polyphonic Choir siamo venuti spesso in Italia. Siamo un gruppo fisso di 6 cantanti. Inoltre sono venuto in Italia anche con gruppi più numerosi.

Sei il portavoce di una pratica di aggregazione e condivisione sociale e culturale millenaria. Cosa vuol dire per te oggi insegnare l’Iso-Polifonia?

Mi occupo di questa attività da quarant’anni. Ho studiato il folclore albanese e credo che sia molto positivo che questo riesca a rappresentare all’estero l’antica cultura che porta con sé. Il mio augurio è che le future generazioni continuino a tramandare questo tipo di cultura. Il mondo è globalizzato ma ogni nazione continua ad avere le sue specificità e che vi sia la possibilità di trasmetterle al resto del mondo è una fonte di crescita per tutti. Credo che questi siano valori forti, vere radici, da insegnare ai nostri figli.

Un giovane in Albania, oggi, come incontra l’Iso-Polifonia? A scuola? A casa con la famiglia?

L’Albania è oggi un paese molto aperto. C’è movimento demografico ma l’aggregazione converge verso le grandi città mentre i piccoli paesi si svuotano. Per l’Iso-Polifonia questo è quasi un pericolo. Fortunatamente continuano ad esserci festival di Iso-Polifonia in Albania e questo rappresenta un grande valore culturale. Lo Stato continua ad investire in questo ambito ma ci sono anche molte associazioni private che danno valore a questa pratica. Rispetto a qualche anno fa l’Iso-Polifonia ha comunque subito un duro colpo nonostante vi siano parti dell’Albania dove l’impronta culturale di questa pratica è ancora molto forte. Credo che in parte i vari generi musicali che stanno nascendo, tra cui l’elettronica, fanno sì che si perda il contatto con questa antica tradizione polifonica orale. Personalmente ritengo che riproporre l’Iso-Polifonia all’interno di un mercato commerciale misto danneggi l’originalità dell’Iso-Polifonia stessa. La canzone Iso-Polifonica, specialmente quella che pratichiamo noi in questi giorni del sud sud-ovest dell’Albania, è un po’ come una bella sposa che nessuno deve sposare. E deve restare così. Queste influenze non giovano all’Iso-Polifonia.

Un’ultima domanda. Una curiosità nata a seguito di questi giorni di laboratorio. Esiste una differenza fra i canti per il coro femminile e quelli per il coro maschile?

Sì. Le canzoni dedicate al coro femminile sono prevalentemente canzoni liriche oppure di lutto, di sofferenza, di pianto. Sono più melodiose. Quelle per il coro maschile cantano di guerre, di virilità, dell’essere uomini. Sono più dinamiche.

L’intervista è stata possibile anche grazie all’aiuto di Mariel Tahiraj.


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