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Ricostruire una identità distrutta

di - giovedì 20 settembre 2018 ore 13:00

Eccomi qui. Smarrito da mesi in questa bellissima isola dalla forma di una farfalla, in uno dei miei viaggi con lo zaino in spalla. Sono incerto se imbarcarmi con il pescatore che mi sta accanto o riprendere la strada di casa. Scelgo di infilarmi nella bottiglia del naufrago e gettarla in mare con il pensiero che navighi nella candida isola della speranza e non verso le acque torbide che oggi lambiscono le mie coste. 

La distanza tra la sinistra e il comune sentire del paese non è mai stata così larga e profonda. Ma come siamo potuti arrivare a questo punto? Qualcuno ha messo in atto un prepotente furto di umanità, rivolto a tutti coloro che, in preda a paure irrazionali e a un personale bisogno di sicurezza, paure e bisogni inesistenti se non dentro di loro, come dimostra la realtà. Una realtà iniettata e sporcata da una gigantesca e colpevole strumentalizzazione politica, da chi non sa e non vuole affrontare i veri problemi del nostro paese. Si sono fatti rubare la loro umanità da persone senza scrupoli. Mi fanno pena e tenerezza insieme questi miei concittadini che sono caduti nella trappola dei sovranisti e dei razzisti alla Salvini

Odio e cattiveria verso il diverso come nuova mutazione antropologica degli italiani? Ma una cosa è certa, anche la sinistra in questi anni ha fatto cadere come foglie morte i valori della solidarietà, dell’accoglienza e di quell’umanesimo che ha innervato tutta la sua storia. Mi viene da pensare che forse oggi il risultato sarebbe stato diverso se dopo la sonora sberla del 4 marzo il Pd avesse accettato di mettersi a un tavolo con i 5 stelle e dettare l’agenda di un nuovo governo. Invece si è accettato il ricatto di Renzi che, se pur dimissionario (persistente finzione), ha portato a compimento il suo disegno andando in una trasmissione televisiva impedendo qualsiasi incontro e regalando cosi i 5 stelle a Salvini. 

Responsabilità storica di cui poco si è parlato. Anche Leu ha le sue responsabilità, una pattuglia politicamente sconfitta che dopo il 4 marzo ha scelto il silenzio e la divisione al suo interno balbettando confusamente. Adesso dobbiamo ricominciare da capo. Con umiltà. La crisi, non solo della sinistra italiana ed europea, ma della democrazia è troppo profonda per non imporci una riflessione collettiva di lungo periodo. Dico crisi anche della democrazia perché se siamo arrivati a questo risultato è anche perché non c’è più quel tessuto politico-sociale che i grandi partiti di massa offrivano un tempo al confronto, non ci sono più le sedi e i social sono, sempre più, diventati un noioso ammasso di sfoghi personali. 

Fra le cose che non so, c’è anche questa: come si fa a ricostruire una cultura e una pratica collettiva, un rapporto con l’altro, un senso di responsabilità comune, visto che non si possono reinventare i vecchi partiti e però non si può nemmeno fare a meno della funzione che essi assolvevano. Ricostruire una identità distrutta. Forse qualcuno ne porta la responsabilità maggiore, ma forse colpevoli lo siamo tutti.


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