Attualità martedì 19 dicembre 2017 ore 10:44
Banche, Visco parla e va all'attacco
Il governatore di Bankitalia alla commissione parlamentare: "Mai pressioni per la Popolare di Vicenza, Renzi mi chiese di Etruria, non risposi"
ROMA — Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco si è seduto di prima mattina davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta sulle banche. E fin dall'inizio ha respinto le accuse di scarsa vigilanza o di pressioni di alcuni esponenti politici, soprattutto del Pd, puntando l'indice sulla mala gestione di alcuni istituti da parte dei vecchi amministratori.
Per quanto riguarda la questione Veneto Banca e Banca Etruria, Visco ha dichiarato di "non aver mai fatto pressioni su nessuno per favorire la Banca popolare di Vicenza o sollecitarne l'intervento" in merito a eventuali aggregazioni. Fu invece l'allora premier Matteo Renzi, nel 2014, a parlare a Visco di Banca Etruria nel corso di alcuni incontri. "L'ex premier certamente una domanda la fece e io non risposi - ha detto Visco - Dissi che di banche in difficoltà io parlo solo con il ministro dell'economia. Però non ho notato insistenza da parte sua: ho avuto una richiesta di Renzi che mi è sembrò divertente, quella degli orafi di Arezzo con gli orafi di Vicenza, ma niente di più".
Sempre secondo Visco, la sottosegretaria Maria Elena Boschi parlò di Banca Etruria con il numero due di Banca d'Italia Fabio Panetta. "Boschi manifestò il dispiacere e le preoccupazioni sulle conseguenze della crisi di Banca Etruria - ha raccontato il governatore - Panetta mi riferì di brevi colloqui nel corso dei quali non ci fu richiesta di interventi nè si parlò di questioni di vigilanza".
Già la vigilanza.
"Nell'opinione di alcuni la Banca avrebbe sempre detto che andava tutto bene - ha detto ancora Visco - così come avrebbe sottovalutato la situazione quando, con la seconda recessionne innescata nel 2011 dalla crisi dei debiti sovrani, una nuova ondata di deterioramento della qualità dei crediti si è aggiunta a quella sopportata dalle banche nel triennio precedente. Questo non è vero".
"In un'economia di mercato la vigilanza può ridurre la probabilità di crisi di sindoli intermediari e contenerne gli effetti ma non può annullarla, soprattutto in fasi congiunturali particolarmente difficili - ha proseguito il governatore - In Italia, come nel resto dei paesi sviluppati, le banche sono imprese che competono per rimanere sul mercato. Le imprese gestite male finiscono inevitabilmente per andare in crisi e chiudere. Nel caso delle banche la questione più delicata è come assicurare che questo processo avvenga senza creare gravi rischi per la stabilità finanziaria e con il minimo impatto sui risparmiatori".
"A determinare l'evoluzione del sistema finanziario italiano non è stata la vigilanza disattenta ma la peggiore crisi economica nella storia del nostro paese - ha sottolineato Visco - La mala gestione di alcune banche comunque c'è stata e l'abbiamo più volte sottolineato. Le gravissimi condizioni dell'economia hanno fatto esplodere le situazioni patologiche. Se non vi fossero state gestioni poco prudenti e spesso caratterizzate da pratiche illegali, perfino queste sette crisi bancarie avrebbero potuto essere superate in modo ordinato".
Visco ha negato di aver mai telefonato al presidente della Banca popolare di Vicenza Gianni Zonin per parlargli dell'ipotesi di fusione con Veneto Banca, circostanza a cui ha invece fatto riferimento in commissione l'ex ad di Veneto Banca Vincenzo Consoli. "Incontrai Zonin nella sede di Banca d'Italia per cinque minuti - ha detto Visco - e gli raccomandai equilibrio e interventi paritari. Fu Consoli a parlarne per primo in vigilanza".
Visco ha raccontato alla commissione anche di una riunione avvenuta nel 2013 al termine di una campagna di ispezioni con i vertici di alcuni istituti di credito che resistevano all'idea di svalutare i crediti e aumentare il capitale.
"Illustrai i rischi del forbearance, ovvero della pratica rinnovare i prestiti alle imprese in difficoltà, citando l'esempio del Giappone e del suo decennio di stagnazione - ha riferito Visco - I banchieri non la presero bene. Per questo spingemmo anzi quasi costringemmo le banche a svalutare, alzare i livelli di copertura crediti e aumentare il capitale, allineandosi alla media europea".
Il governatore ha poi ricordato che in 120 anni di storia della Banca d'Italia "non risulta che vi sia mai stato un ispettore che, nell'esercizio della propria funzione, si sia reso colpevole di omessa vigilanza o sia stato condannato per corruzione o conclussione". "L'onesta e l'integrità del personale della Banca d'Italia non sono mai venute meno" ha precisato.
Visco ha poi definito "leale e costante" la collaborazione con l'altro organo di vigilanza delle banche, la Consob.
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