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Attualità sabato 07 novembre 2020 ore 19:15

D'Urso a Ghinelli: "ognuno faccia il suo lavoro"

Il direttore generale Asl ringrazia il sindaco per i 40 dipendenti comunali ma preferisce far tracciare i casi dai sanitari. No all'ospedale da campo



AREZZO — Che tra Antonio D'Urso e Alessandro Ghinelli non scorresse buon sangue è fatto noto e risaputo. E così il sindaco attacca e il direttore generale Asl risponde.

Il tema è quantomai serio e importante. La pandemia avanza e occorrono interventi rapidi, decisi e soprattutto risolutivi per placare il contagio

Entrambi chiedono solo il meglio per gli aretini. Vogliono ottenere il risultato di fermare il Covid e per far questo sono disposti a tutto, anche a litigare pubblicamente pur di ottenere qualcosa in più per i cittadini. E questo puntualmente è accaduto.

Il sindaco Ghinelli, nel corso di un'intervista, ha ribadito la disponibilità del Comune ad affiancare il personale Asl nel tracciamento, ovvero in quell'attività che permette di individuare tutte le persone che sono state a stretto contatto con un contagiato e sottoporle al relativo test.

D'Urso, che dirige l'intera Asl dell'Area Vasta, ringrazia il sindaco per i 40 dipendenti comunali che hanno dato disponibilità a svolgere questa delicata attività ma declina l'invito in quanto ritiene che per ottenere concreti risultati occorra personale sanitario adeguatamente preparato.

"Il professionista sanitario della centrale chiama il cittadino risultato positivo. Gli chiede le sue condizioni cliniche e il suo stato di salute. Domande finalizzate a comprendere la sintomatologia e quindi la gravita della situazione. Tosse, affanno, febbre, altri sintomi. In questo momento il cittadino acquisisce il ruolo di paziente e come tale deve essere trattato. 
Ci sono poi le domande sul contesto familiare e abitativo: quante persone, quante stanze, quanti bagni. Sono tutte finalizzate all'adozione delle misure di prevenzione. E queste non possono essere standard perché ogni caso è una situazione particolare. Il professionista sanitario del tracciamento ha bisogno di competenze che non possono essere improvvisate.
Si passa infine al tracciamento dei contatti: cosa ha fatto nei giorni precedenti, chi ha incontrato e in quali condizioni. Non si tratta di fare un elenco nominativo ma di approfondire, per ogni contatto, come questo si è svolto. 
A questa complessa attività, la Asl non ha destinato figure amministrative ma solo professionisti sanitari che sono coordinati da due dirigenti medici. 
La prima domanda: nel pieno rispetto dell'elevata qualità professionale dei dipendenti comunali, questa può essere un'attività svolta da chi sanitario non è?
La seconda domanda: un paziente Covid preferisce affidarsi ad un dipendente comunale o ad un professionista sanitario? Ad un architetto o a un medico?
Non dimentichiamo che stiamo parlando della salute e della vita delle persone. E le risposte da dare sono sempre molte. Ci sono anche quelle sociali con cittadini che chiedono anche a noi supporto per esigenze sociali, con moltissime segnalazioni di persone disorientate che non sanno come fare per la spesa e i rifiuti"-
incalza D'Urso.

Poi c'è il tema dell'ospedale da Campo. Ghinelli ha ribadito l'importanza di non depotenziare gli attuali presidi per destinarli unicamente alle cure di pazienti Covid e, visti gli incrementi continui dei casi, insiste sulla necessità di approntare con tutti i crismi del caso una struttura temporanea dove ricoverare i pazienti che contraggono il virus. Insomma, come è stato fatto anche in altre città italiane.

Anche in questo caso Antonio D'Urso boccia l'idea e ricorda al sindaco che in tutta l'Area Vasta i posti letto dedicati ai pazienti Covid raggiungono il 15%, una percentuale relativamente bassa e che non penalizza eccessivamente i malati di altre patologie. 

Poi entra in merito al tipo di cura alla quale viene sottoposto un paziente Covid che richiede di strutture adeguate, così come di personale qualificato.

"Fronteggiare un possibile aggravamento della situazione, vuol dire elaborare soluzioni di sistema che mettano gli ospedali in rete, che favoriscano lo sviluppo delle cure intermedie per alleggerire la pressione su degenze Covid e terapie intensive. Un sistema di vasi comunicati che garantisca ai pazienti il miglior livello di cure possibile. Anche con misure straordinarie. Il Presidente della Giunta regionale sta valutando soluzioni aggiuntive rispetto all'attuale rete ospedaliera regionale qualora i numeri dei ricoveri crescessero ulteriormente ma si tratterebbe, in ogni caso, di strutture sanitarie pienamente rispondenti alla necessità di garantire la salute dei pazienti e percorsi sanitari in linea con quelli offerti dalle normali strutture ospedaliere.
L'idea di un ospedale da campo è semplicistica. Non voglio entrare nel merito del dove, come e in quali tempi. Vorrei solo ricordare cosa vuol dire la cura di un paziente Covid, soprattutto in terapia intensiva. Non possiamo immaginare un capannone con una fila di semplici letti. I pazienti critici hanno bisogno di letti dotati di una serie di strumenti che vanno dai monitor alle pompe di infusione ai ventilatori per i pazienti che non sono in grado di respirare da soli. Il lavoro finisce qui? No, inizia qui. Perché una volta che abbiamo una struttura adatta, una volta che abbiamo letti, dotazioni tecnologiche e mediche, abbiamo bisogno di medici e infermieri. Non neolaureti ma altamente specializzati e mi riferisco ad entrambe le categorie.
Se tutto questo non può essere fatto in modo relativamente perfetto, noi non curiamo i pazienti ma li esponiamo a rischi ulteriori per la loro vita. Deve essere la politica a decidere come si curano i pazienti?
Altra domanda: essere ammalati di Covid, avere sintomi gravi ed essere in ospedale è anche un gravissimo stress psicologico. Davvero i cittadini aretini ammalati di Covid vogliono finire in una capannone collocato chissà dove e con protocolli di assistenza da sperimentare in un contesto nuovo?
Davvero una città civile come Arezzo vuol confinare i malati di Covid in un ospedale da campo? -
chiede il direttore generale della Asl Toscana sud est.

Questo scambio di opinioni a distanza si conclude con un appello che Antono D'Urso rivolge alle istituzioni ma anche ai cittadini.

"Vorrei che tutti ascoltassero di più i professionisti della sanità che operano ogni ora del giorno e della notte, evitando di proporre soluzioni che ingenerano ansia e paura. E che possono creare non soluzioni ma problemi ancora più gravi" - conclude il direttore generale Asl.


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