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Attualità lunedì 01 marzo 2021 ore 16:00

Il grido di protesta dei commercianti aretini

Un serpentone ordinato dalla Pieve fino ai Bastioni. La "Catena Umana del terziario". Ecco le richieste presentate al Prefetto



AREZZO — Un lungo nastro tricolore dalla Pieve fino ai Bastioni. Un serpentone tanti aretini: imprenditori, commercianti, liberi professionisti, operatori del mondo dello sport e dello spettacolo. Tutti uniti negli intenti, ma distanti fisicamente, per manifestare il loro disagio. E' un grido silenzioso ma che fa tanto rumore. I commercianti chiedono di poter tornare a vivere. 

"Salute e lavoro possono coesistere". Questo è lo slogan della manifestazione organizzata da Confcommercio e Confesercenti e che ha visto la partecipazione, composta e ordinata, di oltre 450 persone. Tra i presenti, anche i rappresentanti della Regione Toscana, della Provincia di Arezzo e molti sindaci dei Comuni aretini.

Al termine di quello che oggi si definirebbe un flash mob, una delegazione composta dai presidenti e dai direttori delle due associazioni si è recata dal Prefetto per presentare un documento unitario con dieci richieste.

1. ristori immediati parametrati sulla perdita di fatturato;
2. riapertura immediata in sicurezza di tutte le attività chiuse;
3. moratoria fiscale per gli anni 2020-2021;
4. proroga della cassa integrazione e della moratoria dei mutui e finanziamenti fino al 31 dicembre 2021;
5. rimodulazione delle locazioni commerciali e blocco degli sfratti;
6. taglio del cuneo fiscale che grava sulle imprese;
7. creazione di un piano “ripartenza” per il terziario;
8. vaccinazione immediata di imprenditori e addetti del terziario;
9. pagamento immediato di tutti i bonus ristori e indennizzi sospesi;
10. passaporto sanitario europeo per spostamenti Ue.

Dieci richieste ma che possono riassumersi in due principali: "poter tornare tutti al lavoro, pur con le regole e limitazioni imposte dalla necessità di arginare la pandemia, e – laddove questo non fosse possibile – avere ristori dignitosi e sufficienti per tirare avanti continuando a garantire l’occupazione” - dicono i presidenti Lapini e Landini.

“Se il Governo continua, dopo un anno, a non garantire il diritto al lavoro in nome della salute, avrà sulle spalle la responsabilità civile, morale e sociale della distruzione economica del nostro Paese”, dicono con fermezza i presidenti della Confcommercio di Arezzo e di Confesercenti  che hanno coordinato la manifestazione aretina insieme alla vicedirettrice di Confcommercio Catiuscia Fei e al direttore di Confesercenti Mario Checcaglini.

"L’emergenza pandemica non è più solo sanitaria, ma è diventata anche economica, in maniera sempre più drammatica con il passare dei mesi - si legge nella premessa del documento unitario di Confcommercio e Confesercenti. Il piano vaccinale va avanti ancora troppo lentamente e le nostre imprese continuano ad arrancare attingendo ai risparmi personali (i pochi rimasti) dei titolari, ai fidi bancari (che vengono erogati sempre meno) e ai pochi ristori arrivati dal Governo e dalla Regione Toscana. Da qui la fortissima preoccupazione per il futuro delle nostre imprese ma anche per quello dell’occupazione, soprattutto alla luce dell’eventuale sblocco al divieto dei licenziamenti".

Poi, gli interrogativi che restano ancora aperti. Su tutti, uno: “non comprendiamo perché, di tutti i settori economici esistenti, solo il nostro sia stato colpito così duramente dalle restrizioni e dalle chiusure. Mentre interi comparti del terziario sono stati completamente bloccati (si vedano le palestre, i cinema, i teatri, le discoteche, il settore degli eventi) o possono lavorare solo a singhiozzo e a regime ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi o i negozi di moda), imprese di altri settori sono rimaste ferme solo per poco più di 15 giorni. Come se il pericolo di assembramenti e contagi riguardasse esclusivamente le aziende ed i lavoratori del terziario”.


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