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Giostra Saracino mercoledì 05 maggio 2021 ore 11:15

Dall'amore per il Saracino alla lotta al Covid

pasqualelivicovid

Pasquale Livi per 48 anni sbandieratore e poi Direttore tecnico del gruppo ha affrontato una dura battaglia. Tra i ricoveri e adesso la riabilitazione



AREZZO — Da ragazzo della Valdichiana non avrei mai pensato di fare quello che ho fatto”. Perché l’album fotografico di Pasquale Livi, nel suo libro “Il Richiamo dei Cavalieri”, racconta di incontri straordinari: la Regina d’Inghilterra, l’Imperatore del Giappone, Pontefici, statisti di ogni parte del Mondo.

Ma soprattutto la sua storia, nell'ultimo anno, è stata segnata da un momento ancor più cruciale. Da uomo mai fermo, impegnato nello sport, mai avrebbe immaginato di essere poi costretto a letto. Ci ha pensato il Covid.

Pasquale è stato sbandieratore per 48 anni e per 35 di questi, dal 1975 al 2010, Direttore tecnico degli Sbandieratori della Giostra del Saracino. “A questa manifestazione ho dedicato 50 anni della mia vita e ho coinvolto anche mia moglie ed i miei figli”.

La Giostra è nel suo passato e nel suo futuro. Il presente è nelle mani dei fisioterapisti Asl. Con loro ha iniziato nella fase finale della degenza Covid al San Donato e adesso continua a domicilio. “Nessuno può ancora dirmi quando uscirò di casa, ma io voglio farlo al più presto. Seguirò comunque il consiglio del fisioterapista di prenderla con calma”.

Livi è uscito da pochi giorni dall'ospedale cittadino, dopo due degenze in Malattie Infettive e un ricovero in Terapia Intensiva. “Il Covid mi ha colto di sorpresa quando un giorno sono tornato a casa da una chemio, l’ultima di un ciclo. Ho avuto un po’ di febbre ed ho chiamato l’Usca. Mi hanno fatto il tampone. Non solo ero positivo, ma era necessario anche un ricovero in ospedale. Sono rimasto due giorni in degenza Covid e poi sono stato trasferito in Terapia Intensiva. Un paio di settimane? Forse. Quando sei lì il tempo assume un’altra dimensione. L’ultima fase è stata di nuovo in Malattie Infettive. La professionalità e il calore umano di medici e paramedici in particolare, aiutano a non sprofondare nell’irrealtà. Penso che sia poi veramente lodevole l'iniziativa delle visite programmate ai pazienti Covid in corsia".

In Malattie Infettive il primo incontro con i fisioterapisti. “La prima volta che ci siamo visti – ricorda Luca Antoniella, un professionista del servizio – era un uomo molto provato. Aveva il casco, faticava a respirare e non riusciva a stare seduto. Ma era anche molto lucido e collaborativo. Non solo: aveva grinta ed era determinato ad uscire dall’ospedale”.

Primi colloqui, primi insegnamenti: come controllare la respirazione, come girarsi su un fianco, come gestire i bisogni. Dopo cinque giorni è stato capace di mettersi seduto da solo. “Quando si è rimesso in piedi si è commosso – ricorda ancora Antoniella. Prima di uscire dall’ospedale era di nuovo capace di percorrere una decina di metri da solo”.

“Luca è stato gentilissimo – ricorda Livi. Non solo per la fisioterapia, attività fondamentale, ma per i consigli che mi ha dato ogni giorno. E più di tutto il tono amichevole espresso nella voce e negli occhi sorridenti”.
I tempi dello sport e dei giochi di bandiera sono contemporaneamente vicini e lontani. “Nella testa e nel cuore mi sento ancora un leone, ma quando mi metto alla prova, scopro di essere sì un leone, ma ancora fragile e incerto nel corpo”.

Gli obiettivi sono semplici e a breve termine: “vorrei muovermi senza aiuto, andare al bagno da solo, essere sempre meno di peso alla mia famiglia. Quando sono tornato a casa verso le sei del pomeriggio, mi sono nuovamente disteso sul mio letto”. Livi si commuove quando ricorda che ha potuto finalmente dormire accanto a sua moglie dopo quasi un mese di ospedale e di sofferenze.

“E’ stata dura. Soprattutto il casco mi risultava poco sopportabile, anche per i suoni altissimi che emetteva. E poi la perdita delle forze, l’impossibilità di fare i gesti e i movimenti semplici di ogni giorno”.

Ancora positivo al Covid, Pasquale continua a fare riabilitazione grazie alle Uscar, unità speciali di continuità assistenziale riabilitativa che l'Asl Tse attraverso il Dipartimento delle professioni tecnico sanitarie della riabilitazione e della prevenzione ha adesso dotato anche di fisioterapisti proprio per consentire di proseguire l'attività a casa dei pazienti dimessi che risultano ancora positivi al Covid o sono comunque costretti a restare in isolamento a casa.
Federico Manetti ha appena terminato il primo trattamento domiciliare: "l'ho trovato abbastanza bene. Il rientro a casa è stato senza dubbio di aiuto. E' ancora un po' debilitato ed ha problemi con la resistenza. Il traguardo è adesso quello di recuperare le autonomie che aveva prima di ammalarsi. Proseguiremo a domicilio fino a quando sarà positivo e poi passeremo in ambulatorio al 'Caro' del San Donato".

Con il miglioramento delle condizioni generali, la Giostra del Saracino torna ad essere un pensiero forte.
“So che si sta discutendo se farla o no. Da una parte e con il cuore direi di farla, ma dall’altra la situazione generale è ancora critica e penso che forse non è il caso di far riunire migliaia di persone, sia in piazza che durante il corteggio storico”.

Deciderà chi ne ha l'autorità e intanto Pasquale Livi, un piccolo passo dopo l’altro, torna alla vita normale e la sua bandiera continua a sventolare contro il Covid.


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