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Una palude di rifiuti in mezzo al Parco Giotto

Il laghetto è pieno di acqua melmosa, non ci sono più pesci o uccelli ed è pieno di rifiuti e rami caduti dagli alberi del polmone verde di Arezzo



AREZZO — Una volta si chiamava Parco Giotto, prendeva il nome dal viale alberato che lo costeggia. Da anni ha cambiato nome ufficiale, intitolato all'ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini, ma gli aretini continuano a chiamarlo con il suo nome originale. E' uno degli storici polmoni verdi della città di Arezzo, anche se è sorto al posto di una delle industrie pesanti più importanti della città. Si chiamava Sacfem, ma tutti la conoscevano come “il fabbricone”. La zona si è poi sviluppata in residenziale nel secondo dopoguerra e lo stabilimento, una volta smantellato, ha lasciato il poso ad un parco grande e pieno di alberi. Al suo centro un laghetto, provvisto di fontana con un alto zampillo. Ed era la casa di pesci e uccelli acquatici.

Guardarlo oggi è una vera e propria desolazione. La zona più vicina al viale è circondata di cespugli, che servivano da protezione naturale alla zona dove stavano i cigni. Era presente anche una fila di grossi massi, sui quali i volatili stavano quando non nuotavano nell'acqua. Oggi non ci sono più gli animali, ma nemmeno i sassi sono rimasti al loro posto. Lo specchio d'acqua non è più abitato nemmeno dai pesci, per loro fortuna, verrebbe da dire.

L'acqua ha infatti un colore indefinibile, melmoso. Non è più trasparente, il fondo sembra invisibile, ma sommersi si vedono molti rami caduti dagli alberi, che sono ovviamente appoggiati sul cemento di cui è fatto l'invaso. Ma è evidente che ha proliferato, ormai da anni, un profondo strato di una mucillaggine, che ricorda quella che rendeva tristemente noto l'Adriatico. Non se ne può avere certezza però, perché oltre che di un colore simile a quello del fango, l'acqua è anche opaca, sporca e piena di foglie. E la superficie è sempre coperta di una strana schiuma che, in ogni stagione, la ricopre a chiazze.

Non solo, perché ci sono anche abbondanti rifiuti lungo le sponde. Sicuramente anche nel mezzo dello specchio d'acqua la sporcizia sommersa ci deve essere, ma le condizioni del laghetto rendono impossibile vederla. Lattine accartocciate, cartacce, bicchieri di carta, assi di legno, penne biro. Di tutto un po', per un laghetto che è ormai una vera e propria fetida palude, che con il caldo che sta finalmente arrivando inizierà, come ogni anno, ad emanare cattivi odori. Uno spettacolo insalubre e molto poco edificante, nel bel mezzo del polmone verde di uno dei principali quartieri residenziali di Arezzo.

Giulio Cirinei
© Riproduzione riservata


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