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Attualità venerdì 30 gennaio 2015 ore 10:20

Consumi, 2013 "annus horribilis"

Calo di oltre il 3% nel confronto 2012-2013, mentre nei cinque anni precedenti era stato inferiore all’1%. I dati di Confcommercio



AREZZO — Nel confronto con il 2012, dunque in un solo anno, si è avuto un calo del 3,3% (3,8 a livello regionale e nazionale), quando nel complesso dei cinque anni precedenti (dal 2008 al 2012) era rimasto sotto l’1% (-0,9 per l’esattezza, -1 in Toscana e -1,5 in Italia). Un crollo verticale che, ovviamente, si è fatto sentire sul sistema economico aretino.

Lo rivela l’indagine condotta sui dati Movimprese dall’ufficio studi della Confcommercio, che ha delineato per ogni regione un quadro sintetico dei principali indicatori socio-economici a livello provinciale, sulla base degli ultimi dati disponibili.

Il 2013 dei consumi è stato nero anche nel resto della Toscana, dove tutte le province hanno subito una debacle sostanziosa: dal –3,3% di Siena e Arezzo al -4,1 di Grosseto e Prato fino al -4,5% di Firenze, che segna il dato peggiore.

“Non poteva andare altrimenti, purtroppo, a fronte del consistente calo dell’occupazione e di una alta natimortalità delle imprese, sommati ad un clima di fiducia ai minimi storici sia per le imprese che per le famiglie”, spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “senza contare che ormai il 41% del reddito disponibile delle famiglie è assorbito dalle spese obbligate. Se va bene, ogni famiglia resta in media con circa 11mila euro l’anno per fare acquisti, dal cibo alle spese voluttuarie come vacanze, libri e vestiti. Non è un caso se c’è chi taglia addirittura il budget per mangiare o curarsi ”.

Sul fronte del lavoro, con un tasso di disoccupazione pari al 9,5% Arezzo ha segnato nel 2013 una delle performance peggiori della Toscana, preceduta solo da Lucca (9,6%), Pistoia (10,5%) e Massa-Carrara (12%), superiore anche alla media regionale dell’8,7%. In poco più di cinque anni il tasso di disoccupazione nella nostra provincia è salito di circa cinque punti percentuali: era infatti al 4,6% nel 2007. E non consola molto il fatto che il dato aretino sia comunque migliore di quello nazionale, al 12,2% nel 2013.

Arezzo, con una popolazione residente passata dalle 336mila unità del 2007 alle 346mila del 2013, conta 111mila occupati (dato 2013) contro i 148mila del 2007, confermando la perdita, nello stesso arco temporale, di ben 37mila posti di lavoro.

L’occupazione è garantita per la maggior parte dal terziario, che impiega il 63,8% della forza-lavoro attiva (di cui il 22,4% nei settori commercio e pubblici esercizi). Seguono industria e artigianato con il 27,9% degli occupati e infine l’agricoltura con l’8,4. Anche a livello regionale e nazionale il terziario si conferma la voce più forte, segnando rispettivamente il 69,6% (dato toscano) e il 69,1% (dato italiano) degli occupati.

La forza del terziario è palese anche nell’analisi della composizione del tessuto imprenditoriale. La provincia di Arezzo conta infatti 37.986 imprese registrate (dati settembre 2014), delle quali circa il 50% è attivo proprio nei settori commercio, turismo e servizi. Nello specifico: 8.597 nel commercio, di cui quasi la metà (4.639) nel dettaglio; 2.490 offrono servizi di alloggio e ristorazione, 8.015 forniscono altri servizi (dalle agenzie immobiliari alle attività professionali passando per i servizi culturali e ricreativi a quelli di supporto alle imprese e alla persona).

Per quanto riguarda la ricchezza prodotta, il Pil in provincia è diminuito del 2,5% nel 2013 rispetto all’anno precedente, ma è una contrazione comunque un po’ meno accentuata di quella rilevata a livello regionale (-3%) e nazionale (-3,1)

A minare le perfomance del sistema imprenditoriale anche in provincia di Arezzo c’è il calo dei consumi, che ha avuto ripercussioni più forti, a livello sia di redditività sia di occupazione, sui settori che più hanno a che fare con il mercato interno, commercio su tutto,

Si spiega così perché, a fronte di una grande vitalità e di un dinamismo eccezionale, il terziario dimostri anche una estrema fragilità soprattutto nei tempi di vita delle nuove imprese o di quelle meno strutturate. Una fragilità che, se è percepibile a tutti nel turn over dei negozi in città e nel numero dei fondi commerciali rimasti vuoti, diventa evidente nei numeri sulla nati-mortalità delle imprese per settore di attività economica, che coprono l’arco temporale fra gennaio e settembre 2014: il commercio perde infatti ben 217 imprese in provincia (di cui 151 nel solo dettaglio), i servizi di alloggio e ristorazione 71 unità e altri servizi 76, a fronte delle 100 imprese perdute nelle costruzioni o delle 45 nel manifatturiero, che però avevano già conosciuto una mortalità alta negli anni precedenti. 


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