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​Libri e lapidi per l’estate

di - mercoledì 19 giugno 2024 ore 09:00

Prorompe l’estate e il tempo che (per alcuni) diverrà libero invita alla lettura e all’incontro con le storie degli altri senza che ci siano altri a raccontarcele. Che poi gli altri ci mettono quel che di loro, magari anche divertente, che però, diciamoci la verità: ci interessa solo in parte. Ma le storie degli altri quelle sì che ci fanno gola. Qualcosa di scorrevole. Qualcosa che tenga desta l’attenzione di un corpo sdraiato che chiede, domanda, implora il meritato riposo. Qualcosa di quel materiale inconsistente, medicina per la mente, che sta in un libro.

Ma non in un libro qualunque.

Un giallo! Un thriller! Un poliziesco! Qualcosa così. Mistero! Suspence! Adrenalina! Essere presi in contropiede! Immaginare… e sperare di sbagliare il finale! Chi sarà l’assassino? Storie intrecciate di personaggi che amiamo - tra i quali certo il classico Hercule Poirot, l’imbattibile commissario Montalbano, l’introverso commissario Ricciardi, l’esiliato vicequestore Rocco Schiavone e via dicendo - e di morti che non si fila nessuno.

Credo di aver sempre guardato ai gialli dalla parte dei “buoni”. Di più: dei sopravvissuti. Di chi alla fine dell’inchiesta, col sorriso di Angela Lansbury, gioisce per il colpevole piegato dalla giusta punizione e per un lieto fine che per qualcuno, di lieto, non ha nulla.

Sempre. Fino ad un paio di giorni fa. Quando mi sono messo a pensare ai primi che spariscono - ma ne spariscono parecchi anche a metà ed anche verso la fine -, a quelli che non ce la fanno. Il più delle volte ingiustamente. Mi sono posto dalla parte di quelle comparse che godono della vita di poche pagine, per concludere il proprio triste racconto, appena accennato quando del tutto assente, spesso nei modi più sconsiderati.

E quella lunga carrellata di libri in libreria, quei gialli dalle copertine spesso tinte di rosso, rosso sangue, mi ha restituito l’idea di una passeggiata tra le lapidi di un cimitero, né più né meno: il cimitero dei prescelti: per dare vita ad una trama, per solleticare quel male che sta in ciascuno di noi, per dare corpo alle nefandezze dei peggiori. Il cimitero di chi non ha la fortuna d’indossare i panni d’un personaggio risolutivo. Altrimenti, i migliori, non avrebbero alcuna ragione per esprimersi. E, dunque, per esistere. Ma i migliori servono, ne abbiamo bisogno. E allora…

Ed allora ecco il morto, i morti. Centinaia, migliaia. Donne, uomini, bambini, anziani. C’è n’è per tutti. Mamme, babbi, figli, nonni. Non si risparmia nessuno. Genitori, fratelli, cugini, innamorati vicini e amici lontani. E muoiono male, il più delle volte. Male male male che mi fa fatica persino scriverlo (tanto ve l’immaginate).

Oh be’, non riusciremo a farne a meno. Sono indispensabili. La nostra sete di giallo ne esige il sacrificio. E tuttavia, nel prossimo viaggio che farete in libreria, pensateci. E quando li incontrerete e li leggerete morire, senza sapere nulla di loro tranne la forma, orrenda, della loro morte, rabbrividendo, fermatevi. Non ne saranno felici: sono morti. Lapidi, in libreria. Ma noi, almeno noi, ci avremo posto un fiore.


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