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Attualità giovedì 17 settembre 2020 ore 12:40

"Il sindaco può decidere di liberare Birba"

Lettera aperta a Ghinelli di Elisabetta Di Benedetto sul caso lyssavirus che tiene lontani, da lei e la sua famiglia, un cane e 4 gatti



AREZZO — Elisabetta Di Benedetto non si arrende. Da fine giugno i suoi animali domestici sono chiusi in una gabbia, tra canile e gattile,  perchè sono stati nella stessa casa con un gatto morto di Lyssavirus.

Ha lanciato appelli tramite Social e giornali. All'intervento del sindaco, registrato ieri su Fb, in cui in poche parole Ghinelli dice che anche lui sta aspettando risposte dalla Asl, Elisabetta replica con una lettera, per chiedere chiarezza e tempestività nella risoluzione del caso.

Il concetto principale? Ela proprietaria degli animali dice che al sindaco spetta l'ultima parola in materia sanitaria e quindi può decidere in autonomia di restituire alla famiglia la cagnolina Birba e la gatta Olivia con i suoi tre cuccioli.

Ma ecco il testo della lettera aperta: 

"Gentile Sindaco,

la ringrazio per le sue precisazioni. Sotto il profilo puramente formale, è evidente che lei si rimetta al parere della Asl, anche se a lei spetta l'ultima parola in materia di salute pubblica per decidere in merito all'affido domiciliare della nostra cagnolina Birba, della gattina Olivia e dei suoi tre cuccioli, ancora sequestrati e rinchiusi in canile e in gattile. Ma al di là delle procedure che lei giustamente richiama, a mio parere questa vicenda, a quanto pare unica nel suo genere, proprio per la sua unicità avrebbe richiesto anche altro, di sicuro sotto il profilo della sensibilità nei confronti degli animali. Una domanda su tutte: come si può pensare di lasciar marcire per sei mesi un animale in uno spazio ristretto quale quello del canile sanitario o una gabbia per gatti?

Perché questa sarebbe stata la sorte di tutti gli animali sequestrati, se i proprietari e le associazioni non fossero scesi in campo per cercare di tutelare i diritti di chi evidentemente non ha voce, nonostante non abbia colpe. E questa probabilmente sarà la sorte dei due poveri cani senza famiglia, ancora rinchiusi nel canile di Arezzo come la nostra Birba. La sofferenza è sofferenza, sia che viaggi su due che su quattro zampe. E questa avrebbe dovuto essere la prima considerazione ad animare qualunque azione fin dall'inizio di questa tristissima, ma per me illuminante vicenda.

In primo luogo non è stato delineato né un percorso, né un quadro certo. È stato assimilato questo virus a quello della rabbia classica quando proprio in un documento ministeriale si sottolinea come sia eziologicamente molto diverso dalla rabbia. Nello stesso documento si insiste anche sul fatto che la possibilità di trasmissione all'essere umano sia estremamente rara. Si parla solo di essere umano, ma mi è stato riferito che anche il salto di specie sarebbe estremamente raro, già ce n'è stato uno (pare) da pipistrello a gatto, un altro verso uomo, cane o altro sembra rasenti l'impossibile. Sottolineo "mi è stato riferito" , perché gran parte di questa vicenda si è consumata verbalmente e si sa: verba volant. Mi sembra impossibile che dopo tre mesi, e tutto quello che hanno significato, di documentato per quanto ne so io non ci siano che tre ordinanze, due documenti ministeriali, reperiti in rete e una breve sintesi sul sito dell'istituto zooprofilattico delle Venezie. Davvero poco a fronte del tanto che così pesantemente incide sulla vita di esseri viventi a due e quattro zampe. A me sono stati menzionati referti e pareri, ma non ho mai visto documenti.

Neanche le procedure adottate restituiscono un quadro chiaro: noi umani vaccinati subito e di gran carriera, la gatta dopo 15 giorni (e correttamente, visto che la legge prevede un periodo di osservazione di 10 giorni, durante i quali non debbano essere somministrati trattamenti immunizzanti, per non inquinare il quadro clinico, suppongo), il cane no. Nessuno ha mai saputo dire chiaramente perché no e anche questo lo vorrei vedere scritto. La legge prevede la riduzione della quarantena a tre mesi nel caso di vaccinazione postcontagio, contagio che, ripeto, mi sembra altamente improbabile, data l'assenza di morsicature e sintomatologia negli animali. Quindi la gatta potrebbe uscire, addirittura senza quarantena? Per non parlare dei gattini, nati dopo che la gatta infetta era già stata allontanata da casa. Come vede, Sindaco, sono tante le pieghe attraverso le quali si dipana questa vicenda e avrebbero richiesto - a tutti i livelli - molta più attenzione, sensibilità e discernimento di quanto non abbiano ricevuto. Si interpretano le leggi, figuriamoci i pareri. La burocrazia non risolve i problemi, nella maggior parte dei casi è solo un comodo paravento per chi non vuole o non sa risolverli. Non sono un'esperta e non posso assumere decisioni, posso solo appellarmi al buon senso e al senso di umanità. Io e la mia famiglia abbiamo fin dall'inizio mostrato massimo senso di responsabilità e offerto tutta la collaborazione possibile. Per tre mesi abbiamo accettato di buon grado tutte le decisioni assunte dalle diverse autorità, senza mai uscire con dichiarazioni pubbliche. Dopo tre mesi di inconcludenti trattative, ho deciso di uscire pubblicamente perché le prolungate condizioni di dura detenzione degli animali mi fanno temere per il loro benessere psicofisico. Non a caso ho richiesto alla Asl una perizia sul mio cane da parte di un'educatrice cinofila che la conosce da molto tempo. Spero che almeno questo mi sia consentito. Per concludere, né strumentalizzazioni, né mistificazioni da parte mia, solo un appello per gli animali. Non chiedo favori, semplicemente di applicare la legge nella sua parte meno dura. Come ho fatto da subito sono pronta a sostenere ciò che mi spetta con il massimo senso di responsabilità, chiedo agli altri soggetti coinvolti di fare altrettanto. A lei, Sindaco, l'onore e l'onere dell'ultima decisione".

La lettera fa dunque riferimento a tanti punti interrogativi, a dubbi sulle procedure ed a una mancanza di sensibilità. 


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