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Cultura domenica 31 ottobre 2021 ore 11:30

Bellezze di Arezzo: la vittoria di Costantino

La storica dell'arte Ilaria Pugi ci porta alla scoperta di questa straordinaria opera di Piero della Francesca nella Cappella Bacci



AREZZO — “Il messaggio di vittoria dell’angelo viene accolto da Costantino, che, pur non essendo ancora convertito, avanza con la sua schiera armata contro il nemico infedele, impugnando a braccio teso la Croce”.

È il 28 ottobre 312 d.C., data decisiva per le sorti del Cristianesimo, descritta negli anni ‘60 del Quattrocento attraverso luci e colori dal grande Piero della Francesca, nel registro inferiore della parete destra della Cappella Bacci, all’interno della Basilica di San Francesco.

La parte destra della scena, purtroppo gravemente lacunosa, fa intravedere Massenzio che, insieme ai suoi, fugge terrorizzato guadando il fiume. Del suo personaggio rimangono solo parte del cappello e un frammento del busto, rivestito di una maglia di ferro con una sopravveste rossa, in sella a un cavallo nero, mentre in primo piano uno degli armati in fuga si volge indietro con un’espressione di paura. A sinistra sfila invece l’esercito di Costantino, che avanza sul suo cavallo grigio, col passo lento del vincitore, sottolineato dai cimieri ornati di penne e piume, dal vessillo giallo con l’aquila imperiale e dalle svettanti lance che si stagliano sul cielo dello sfondo.

Si tratta non di una battaglia, ma di una marcia trionfale al seguito della Croce, vero fulcro dell’episodio, che mette in fuga i soldati nemici.

Gli altissimi cimieri rappresentati danno al gruppo dei cavalieri l’immagine di un festoso torneo, caratterizzato dal grande vessillo con l’aquila imperiale che sventola quasi identico al centro della “Battaglia di Eraclio contro Cosroe” nella parete di fronte. All’estrema sinistra della scena si trova il trombettiere che segue ed incita i combattenti all’assalto e con i suoi squilli di tromba accompagna la marcia trionfale.

La bellezza e il vivace realismo dei cavalli colpì il Vasari che li descrive così: “[…] un gruppo di cavalli in iscorcio così meravigliosamente condotti che, rispetto a quei tempi, si possono chiamare troppo belli e troppo eccellenti”.

Al centro della scena, il brano paesaggistico sembra aprire uno scorcio sulla Valtiberina, terra di Piero, attraversata dal Tevere. Le acque cristalline del fiume, in cui si specchiano alberi ed edifici presenti lungo le sponde, richiamano molto da vicino quelle del Giordano, nel Battesimo di Cristo conservato alla National Gallery di Londra, opera considerata tra le prime dipinte dall’artista.

di Ilaria Pugi


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