Attualità sabato 26 giugno 2021 ore 10:05
Arezzo e le sue bellezze: San Domenico
La piazza è tra le più affascinanti della città e la Basilica custodisce il Crocifisso di Cimabue. Il focus della storica dell'arte Ilaria Pugi
AREZZO — "A chi scende dalla via Sassoverde nelle prime ore di un sereno mattino dà una suggestiva impressione questa piazzetta alberata nel cui sfondo spicca, nel contrasto tra il fianco in piena luce e la facciata in ombra, una chiesa trecentesca, alla quale la vela campanaria, adergentesi sulla facciata, dà un carattere singolarissino…" (Pasqui-Viviani).
Di forma trapezoidale e leggermente in discesa, circondata da piante e pavimentata con mattoni rossi posti a spina di pesce è piazza San Domenico, una delle più belle della città di Arezzo. Sul suo fondo si trova la Basilica di San Domenico, la cui costruzione ebbe inizio nel 1275 su disegno, secondo alcuni studiosi, di un anonimo frate domenicano proveniente dal convento di Firenze. Il suo abbellimento proseguì con l’aggiunta di cappelle, edicole e affreschi che si susseguirono fino agli inizi del Cinquecento. Verso la fine di questo secolo e durante tutto il Seicento subì poi svariate modifiche e trasformazioni che cambiarono radicalmente il suo aspetto.
La facciata in pietra arenaria, di impianto gotico, è adornata da lesene e sormontata da un particolare campanile a vela, impreziosito da due campane trecentesche, la più grande delle quali, datata 1349, è firmata da Nerio e Ristoro, famosi fonditori aretini. Il protiro, cioè il piccolo portico a cuspide posto a protezione e copertura dell'ingresso principale della chiesa, fu aggiunto invece nel 1936 dall’architetto Giuseppe Castellucci, il quale diresse importanti interventi di restauro della chiesa a partire dal 1914, volti a mantenere la linearità e lo stile gotico dell’edificio.
L’esterno, semplice ed essenziale, fa da scrigno al capolavoro giovanile di Cimabue, l’eccezionale Crocifisso dipinto su tavola negli anni 1260-1270. In quest’opera si può notare come l’artista abbia ormai superato gli influssi bizantini del Cristo trionfante, rendendolo sofferente, e sottolineando attraverso la curva del corpo in tensione la drammaticità e il dolore di quel momento.
La grande navata unica, rispondente pienamente alle esigenze della predicazione dettata dall’Ordine, è illuminata da dodici grandi finestroni, sei per lato, decorati dal motivo bianco-nero allusivo ai colori dell’abito domenicano. Alle pareti si conservano affreschi e parti di essi che vanno dal Duecento al Quattrocento e che hanno assunto, seppur frammentari, una particolare importanza poiché testimoniano l’attività di pittori aretini più o meno noti.
Di notevole interesse sono infatti i due grandi affreschi che si trovano sulla parete di facciata, raffiguranti la Crocifissione di Parri di Spinello e le Storie di vita e del martirio di San Giacomo il minore e San Filippo, opera della maturità di Spinello Aretino, il quale realizzò nel 1385 anche una bellissima Annunciazione che si trova sulla parete di sinistra nella cappella minore di destra. Qui il grande pittore aretino del Trecento, giocando sui toni del rosa e dell’azzurro, ci ha forse lasciato la più bella tra le molte opere da lui dipinte.
Ilaria Pugi
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