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Attualità venerdì 09 ottobre 2020 ore 13:10

Segre, storia di una donna libera che ama la vita

Un silenzio assordante accompagna le parole della senatrice, che non perde occasione per incitare e spronare i giovani



AREZZO — Una donna libera, con un unico obiettivo, che l'ha accompagnata per 91 anni, vivere. E trasmetterne ai giovani l'importanza. Incitandoli a non rinunciare alla propria esistenza, al futuro.

Lei non l'ha potuto fare. La sua "normalità, si è bruscamente interrotta quando ancora era alle elementari. Un giorno di settembre del '38. Proprio quando il padre e i nonni gli dissero che non sarebbe più potuta tornare dai suoi compagni. Agli ebrei era vietato dalle leggi che, parole della senatrice "hanno tolto umanità ai bambini".

Da quel momento era iniziato un calvario che la porterà a perdere l'amato padre proprio nell'orrore del campo di concentramento. Ad essere privata dell'umanità morale. Ma proprio nel momento in cui si sarebbe potuta vendicare, ammazzando uno dei suoi aguzzini, la svolta. In quel momento, in quell'istante ha capito che non sarebbe mai potuta diventare come i suoi assassini. Quell'istante è stato determinante per diventare, dice con forza, "la donna libera con cui ho convissuto fino ad oggi".

Non nasconde di non avere più lacrime da piangere da tantissimi anni. Di essere diventata diversa da quando la scuola per lei, ebrea, non era più un luogo accessibile. Di aver perso umanità, dignità, nel lager. Nuda, magrissima senza più forme fisiche e pure senza mutande, una parola che non si vergogna a dire. 

Ma, soprattutto, non ha mai smesso di vivere. E ci è riuscita perché ha spostato il pensiero e la mente su altro. Estraneandosi. Si dice viva per caso. E, per questo, ha incitato più volte i ragazzi di scegliere di vivere. Nonostante tutto.

Delle ragazze che erano con lei, prigioniere del dolore, del dramma, di una situazione surreale per quanto terribile, in pochissime si suicidavano, sebbene sarebbe stato semplice farlo, ma volevano sopravvivere. Sognavano prati verdi, bambini che giocavano. Volevano uscire da lì, da quell'incubo con cui avevano imparato a convivere.

Liliana Segre ha deciso di chiudere a Rondine le sue testimonianze pubbliche che negli anni ha portato avanti con forza, per trasmettere ai ragazzi quanto dolore possa causare l'uomo ma anche quanta forza di rinascere si possa avere. Si definisce la nonna di tutti i giovani. E si rivede ancora lì ragazzina, sola, umiliata, ma anche adesso come nonna di sé stessa. Senza mai perdere la voglia di mordere e assaporare la vita. Senza mai soccombere alla sofferenza. Ma usando il ricordo come strumento di rinascita. 

Liliana Segre si congeda dagli incontri pubblici. saluta i suoi ragazzi. La platea rompe il silenzio assordante in cui era piombata, si alza in piedi e le tributa un lungo e caloroso applauso. 

Emozione, riflessione, ascolto, pace, tenacia e voglia di vivere.

Da Rondine un messaggio di speranza per tutto il mondo.

Claudia Martini
© Riproduzione riservata


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