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Attualità sabato 31 ottobre 2020 ore 13:54

Lockdown, un'impresa su tre a rischio chiusura

Franco Marinoni

Confcommercio lancia l'allarme. In provincia di Arezzo il 52% delle aziende è in forte difficoltà economica. Tanti commercianti temono la criminalità



AREZZO — Allarme economia. In base ad uno studio realizzato nell’ambito dell’Osservatorio Congiunturale Toscana da Confcommercio Toscana in collaborazione con Format Research, in caso di lockdown un'impresa su tre rischia la chiusura.

L'impennata dei contagi e le misure restrittive imposte dal governo hanno fatto crollare la fiducia degli imprenditori che, dopo una timida ripresa estiva, si trovano a temere per il futuro. In provincia di Arezzo 7 titolari d'impresa su 10 temono una nuova chiusura generalizzata, che per molti rappresenterebbe la fine delle proprie attività.

L’indagine rileva anche segnali di profonda sofferenza dal punto di vista del fabbisogno finanziario, certificando una ripresa ancora lontana sul fronte della liquidità. 

Negli ultimi sei mesi è infatti cresciuta la quota di imprese che hanno fatto domanda di credito nel periodo compreso tra aprile e settembre (44%).

Una impresa su due (52%) ammette di essere in forte difficoltà nel rispettare le scadenze fiscali. Il dato è nettamente più marcato presso gli operatori della ristorazione, la ricezione turistica, gli esercizi del commercio al dettaglio non alimentare.

Infine molti imprenditori temono di rimanere vittime della criminalità. Sono ben il 20% i commercianti aretini che, visto il particolare momento storico, avvertono il rischio di usura e che la malavita si impossessi delle loro attività.

“La nuova stretta imposta dal governo a tante attività del terziario ha aumentato a dismisura anche tra gli imprenditori aretini la sfiducia nel futuro e il timore più che concreto di non farcela ad andare avanti -  commenta il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. In particolare, un nuovo lockdown configurerebbe uno scenario apocalittico ad Arezzo: sarebbero a rischio chiusura il 30% delle imprese del terziario, con ricadute devastanti sull’occupazione, in special modo nei comparti della ristorazione e della ricezione turistica, già pesantemente toccati. Ma non se la passa molto meglio il commercio non alimentare, visto che i consumi sono fermi. Ecco perché invochiamo misure di sostegno per le imprese a tutti i livelli istituzionali, dai Comuni alla Regione e al Governo. Ognuno per quanto può deve dare una mano alle imprese, se non vogliamo risvegliarci un giorno in un Paese senza più negozi e servizi”.


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