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​Il ventilatore invidioso

di - lunedì 24 luglio 2023 ore 08:00

Quanti ventilatori accesi, in questi giorni. Quanti ventilatori in vetrina, vari per foggia e per colore. Quanti ventilatori rotti e abbandonati sui marciapiedi. Di notte. Di nascosto. Per fare presto. Per fare prima.

Quella che vi racconto è la storia di uno di loro, di cosa pensò prima, di cosa avvenne dopo.

C’era una volta un ventilatore invidioso. Invidioso di cosa? Invidioso del vento. Invidioso di quel benessere che vedeva negli altri quando sembravano sorridere per quei loro capelli mossi dall’aria, dalla sua aria. Invidioso di quella corrente fresca che sembrava spazzare via dalla stanza dove l’avevano sistemato il calore denso e appiccicoso dell’estate. Invidioso di quel respiro che, involontariamente, elettricamente, velocemente, donava a chi vi soggiornava accanto. A chi l’accendeva con un semplice click del dito più pigro.

“Tutti gioiscono, tranne tu” gli diceva la sua invidia. “Tu lavori, tu, nella tua immobilità, non stai mai fermo, tu giri, giri e giri e loro, guardali… si godono il fresco… senza far niente!”.

Il ventilatore, erano gli ultimi giorni di luglio, arrivò a dirsi che non c’era giustizia in tutto ciò e decise di fermarsi. Ma come? Provò cercando di boicottare i suoi pulsanti: non vi riuscì. Cercò provando a ribaltarsi facendo forza sulle gambe troppo sicure: non ce la fece. Finché avvertì un lieve smuoversi della vite che teneva quella sua ventola attaccata al corpo: aveva appena trovato il suo punto debole.

Da allora, ogni volta che poteva, cominciò a far girare quella sua ventola sempre più velocemente, cercando di far pressione come poteva su quella vite che sembrava poter cedere. Nessuno se ne accorse. Anzi. Tanto era il caldo che tutti ne furono entusiasti e cominciarono a lodarlo: “Un ventilatore così non s’è mai visto!” - “Che velocità, pazzesco!” - “Questo ventilatore è un vero spettacolo, quasi quasi me lo porto al mare!”.

Le lodi fecero il loro effetto. L’invidia, giorno dopo giorno, si affievolì. E il ventilatore si ritrovò a pensare a quella vite, sempre più vicina dallo scivolare via, con ansia e preoccupazione.

Finché la vite saltò, la ventola si ruppe, il vento si fermò e il ventilatore, nel fresco della notte, fu portato vicino ai cassonetti. L’invidia non disse nulla, in quell’occasione, e il ventilatore passò tutta la notte e il giorno seguente a chiedersi: “Dove sei finita?”. L’indomani fu portato via e del ventilatore che un tempo era stato invidioso non si seppe più nulla.


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