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Attualità lunedì 10 agosto 2020 ore 10:00
Turismo, la città paga caro l'anno del Covid
Il 2020 aveva indicatori alti per una stagione “stellare”. Secondo le stime di Confcommercio "oggi la situazione è drammatica per gli albergatori"
AREZZO — Una città “sospesa”. Il 2019 raccontava di un 2020 al top con fatturati “stellari” per alberghi, ristoranti e l'intera filiera del turismo. Indicatori più che positivi, sulla scia degli ultimi cinque anni nei quali il trend di crescita delle presenze in città è stato costante, con una percentuale pari all'81 per cento.
Il tasso di occupazione dal 2016 al 2019 è “aumentato oltre il 10 per cento insieme alla tariffa media degli alberghi. A fine 2019 avevano tutti gli indicatori alti per una stagione che si preannunciava molto proficua per l'intero settore, con un tasso di occupazione ipotizzabile al 70 per cento”.
Laura Lodone conosce il settore come le sue tasche, perchè lavora con gli operatori turistici, li segue e sa cosa vuol dire far quadrare i conti in tempi di “ordinaria amministrazione”, a maggior ragione ora che i conti gli albergatori aretini si ritrovano a farli con gli effetti del Covid: presenze crollate, fatturati col segno meno, tasso di occupazione in picchiata.
Laura Lodone è responsabile Area Turismo di Confcommercio e alla passione per il lavoro associa quella per le statistiche: una che di numeri se ne intende e coi numeri alla mano descrive la situazione attuale, completamente ribaltata rispetto agli indicatori di inizio 2020. “Ora il quadro è drammatico. A giugno è stato registrato un tasso si occupazione pari al 18 per cento, a luglio del 30 per cento con una previsione su agosto che non supera il 20 per cento. Poche prenotazioni, mancano i turisti stranieri, i soggiorni sono più corti. Adesso le persone decidono il giorno prima di partire e per questo è più difficile capire quale sarà il trend per settembre. L'unico mercato a disposizione è quello italiano, ma sono molte le incognite legate al lavoro delle persone e all'andamento dell'emergenza sanitaria e questo rende le presenze volatili e altalenanti”.
I danni del Covid al settore alberghiero sono pesanti: “Si parla di trenta milioni di euro. In città operano 19 strutture ricettive con 10-15 addetti ciascuna a cui si aggiunge l'indotto”, osserva Lodone che agli effetti del Covid aggiunge quelli della fiscalità corrente per evidenziare il mix perverso che si abbatte sulle aziende aretine, spesso a conduzione familiare: “Arezzo ha l'Imu più alta della Toscana: ogni camera costa 800 euro all'anno soltanto di Imu. La prima rata è stata abrogata ma se non accadrà lo stesso anche per la seconda, molti alberghi rischiano di chiudere. Non solo: l'imposta sui rifiuti viene calcolata anche su metri quadrati che non producono immondizia; pensate alla hall di un albergo, eppure gli albergatori pagano i rifiuti non prodotti dalla hall come se fossero i rifiuti di una cucina: se a tutto questo associamo la mancanza di prenotazioni e turisti, è facile capire la sofferenza di un'intera filiera, strategica per la città, la sua economia e l'occupazione”.
Cosa serve per ripartire? Lodone è categorica: “Anzitutto il vaccino al coronavirus oppure la scomparsa del virus, perchè il turismo ha un presupposto fondamentale: la libertà delle persone di muoversi. Maggiori sono le limitazioni, minori sono gli spostamenti. Distanziamento sociale e turismo sono due concetti distanti, opposti, che non possono stare insieme. Altra condizione fondamentale per la ripresa, sono le frontiere aperte”.
La parola d'ordine è “resistere, perchè passerà anche questa; in fondo se sono riusciti a sposarsi Renzo e Lucia nonostante la peste del Seicento a Milano, il mondo ce la farà anche nel 2020”. Ma Lodone avverte: “Il punto è come arrivare al matrimonio di Renzo e Lucia, perchè se non si interviene congelando i costi per le imprese, rischiamo la loro scomparsa”.
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