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Attualità lunedì 09 novembre 2020 ore 13:00

Sanitari preziosi, parola di Vera Treghini Butali

Vera Treghini Butali

La moglie del compianto Benito non ha il Covid ma viene ricoverata per problemi respiratori. Ecco il racconto della sua esperienza al San Donato



AREZZO — In questi giorni dove la polemica sugli ospedali regna sovrana arriva una testimonianza di una paziente non Covid che è stata accudita, curata e guarita dai medici del San Donato.

Una testimonianza che, ancora una volta, conferma l'eccellenza e la professionalità dei sanitari che operano all'interno dell'ospedale cittadino.

Vera Treghini Butali, moglie del compianto Benito Butali, scrive una lettera e la inoltra a tutte le redazioni. Questo sia per ringraziare ma anche per far sapere a più gente possibile quanto siano gentili, competenti e "preziosi" medici ed infermieri del San Donato.

Ecco la lettera integrale di Vera Treghini Butali

Cara redazione, voglio portarvi a conoscenza di una esperienza di cura importante sia sanitaria che di attenzione umana ricevuta in ospedale ricevuta anche in tempo di Covid. Venti giorni fa, a causa di una forte crisi respiratoria, i miei familiari hanno chiamato d’urgenza il 118. Ho 93 primavere sulle spalle ed ogni problema può diventare insuperabile. La preoccupazione non era di poco conto. I “ragazzi” del 118 sono stati rapidi e anche molto gentili, cercando di incoraggiarmi “Stia tranquilla” mi dicevano “Andrà tutto bene”. Quando hanno chiuso la portiera dell’ambulanza ho visto i miei familiari per l’ultima volta fino alle mie dimissioni arrivate solo ieri. Un elemento di grande sofferenza per me e, immagino, anche per loro. Poi il viaggio verso il San Donato. Sapevo che il Covid stava stringendo d’assedio il nostro ospedale. E mi chiedevo a cosa andavo incontro. Giunta in pronto soccorso, isolata in una stanzetta, mi hanno sottoposta a tampone Covid. Già mentre attendevano il risultato mi hanno visitata e messa sotto monitoraggio, aiutandomi con l’ossigeno. Tra attesa del risultato del tampone (negativo) e somministrazione delle prime cure, sono rimasta in pronto soccorso e in medicina d’urgenza 24 ore. Il cortesissimo direttore Giovanni Iannelli si è consultato con gli specialisti e decidono di trasferirmi in geriatria. Qui mi spiegano che dovrò essere monitorata ed aiutata nella respirazione. Mi visitano in tanti. In questo reparto guidato dal bravo Mario Felici mi danno tutto il supporto terapeutico possibile, ma le mie condizioni peggiorano e decidono di trasferirmi in pneumologia. Ricordavo che questo reparto era uno di quelli destinati solo ai pazienti Covid. Il primario, dr. Raffaele Scala, mi spiega che anche i reparti Covid hanno riservato dei letti per pazienti non Covid: sono pazienti che non devono essere lasciati senza cure specialistiche quando le stesse non possono essere somministrate in altri reparti.

Sono rimasta in pneumologia fino a ieri. Mi hanno rigirato come un calzino e mi hanno fatte cure che spesso non ho nemmeno ben compreso. Mi hanno messo molte volte e per molte ore la maschera per respirare meglio. Adesso sono a casa e sto bene. Ho raccontato questa mia vicenda innanzitutto per ringraziare di cuore il dottor Scala, i suoi colleghi e infermieri, come i medici e il personale di geriatria e medicina d’urgenza. Scala è un medico giovane, gentile, premuroso, ti spiega le cose: ho saputo che ogni giorno chiamava i miei familiari per aggiornarli sulle mie condizioni. E mi dicono che lo fa assieme ai suoi colleghi per tutti i pazienti ricoverati (e adesso sono tantissimi) visto che i parenti non possono far loro visita in ospedale. E tutti i giorni qualcuno del reparto (in genere gli infermieri), con il loro cellulare personale mi ha aiutato a stare in contatto con i miei. Una, a volte due, videochiamate. Una cortesia di grande aiuto. Un conforto importante quanto le cure. Dobbiamo essere orgogliosi di avere nel nostro ospedale persone di questa esperienza e capacità. E con grande umanità. Teniamocele care. Grazie a tutti voi.

Vera Treghini Butali 


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