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domenica 01 dicembre 2024

MUSICA E DINTORNI — il Blog di Fausto Pirìto

Fausto Pirìto

FAUSTO PIRITO - Sulle strade del Pop (e non solo) con l'ex caporedattore di Tutto Musica & Spettacolo, già direttore artistico del contest Rock Targato Italia e garante del Festival della contaminazione BresciaMusicArt, ideatore e curatore del Tributo ad Augusto Daolio e del contest Soms Experience, autore dei libri “In viaggio con I Nomadi” e “Vasco in concerto”

​Quella volta con Arafat e Renzo Maffei nel bunker

di Fausto Pirìto - mercoledì 18 novembre 2015 ore 17:40

Yasser Arafat, Premio Nobel per la Pace, abbraccia Renzo Maffei

Ho ricevuto, e accettato con grande piacere, l'invito alla 45.a Mostra Mercato del Tartufo Bianco, che si è aperta sabato 14 novembre a San Miniato Alto (Officina del Tartufo, Piazza del Seminario) e che si concluderà domenica 6 dicembre. Avvenimento di grande rilevanza internazionale, di cui si stanno occupando numerosissimi mass media. L'invito mi è stato fatto da Cesare Andrisano, operatore culturale che per me rappresenta il punto di riferimento di questo storico evento toscano, vera “eccellenza” dell'arte gastronomica italiana.

A Cesare sono legato da un amicizia per così dire “artistica”, visto che anche lui, come me, segue da decenni la musica. È nata così l'idea di presentare, all'interno di queste settimane di “cooking show” samminiatese, il libro “In viaggio con I Nomadi - 7 anni on the road” che ho pubblicato anni fa per la Giunti Editore di Firenze. Un libro nato per i fan de I Nomadi, dedicato agli uomini, alle donne, ai bambini, ai ragazzi che della ''loro'' band vogliono sapere tutto: storie, segreti e retroscena. Quella de I Nomadi è infatti una vera, grande famiglia, una comunità senza barriere dove non c'è soluzione di continuità fra chi suona sul palco e chi ascolta nel grande mare della gente, seduto su un prato a cantare in coro o a sventolare striscioni. Una famiglia dove è negata ogni forma di razzismo, dove sono affermati i princìpi della tolleranza e della gentilezza e in cui ci si apre al mondo. Il mondo è appunto il grande paesaggio sullo sfondo di questo libro... un racconto ''on the road'', un tuffo ai quattro angoli del pianeta: Cile, Cuba, India, Palestina, Chiapas, South Dakota, Perù, Marocco, Albania, dove I Nomadi sono stati in questi anni e dove hanno suonato con il loro messaggio di musica e di pace, con Augusto Daolio nel cuore e nella mente... un diario di viaggio con i piedi piantati a terra, ma con la testa piena di ideali e di ricordi.

Tra l'altro, proprio in questi giorni ricorre il ventesimo anniversario del viaggio de I Nomadi in Palestina, organizzato da Renzo Maffei, bientinese di nascita e pontederese d'adozione. Viaggio durante il quale incontrammo Yasser Arafat, Premio Nobel per la Pace. Era il 20 novembre del 1995... Maffei, forse molti lo sapranno, è scomparso prematuramente nel giugno del 2006. Renzo è stato un compagno di avventure incredibili e protagonista delle lotte operaie degli Anni ’70, sempre sulle barricate, in mezzo a tutte le battaglie politiche di quei tempi, «guerriero» a difesa della libertà, dei diritti umani. Questo mio Blog è dunque anche un omaggio a lui e alla sua grande opera terrena. Anche di lui e dei viaggi nel mondo con i Nomadi parlerò durante l'incontro a San Miniato, previsto nel pomeriggio di domenica 22 novembre. E con me ci saranno Leonardo Nannetti (voce e chitarra) e Giuseppe D'Amato (percussioni) che accompagneranno i miei racconti con alcune delle più belle canzoni della band emiliana.

Qui di seguito, vi propongo alcuni stralci dei 2 capitoli del mio libro dedicati alla indimenticabile avventura in Palestina. In Medio Oriente, purtoppo, la situazione non è cambiata dal 1995 a oggi, tutt'altro. In quei giorni trascorsi a Gerusalemme e dintorni, nei nostri cuori c'era però una grande speranza, che continuiamo comunque a portare ostinatamente dentro di noi.

Segnali di Pace

Il viaggio in Medio Oriente fu un’esperienza intensa. In aereo, mentre da Nuova Delhi facevamo ritorno a Roma, con Beppe Carletti, decidemmo di programmare subito un altro viaggio per la fine del 1995. In Palestina. Il Medio Oriente e Gerusalemme ci aspettavano e i bambini palestinesi che vivevano nei territori occupati da Israele non erano certo meno bisognosi di quelli tibetani.

Renzo Maffei, all’epoca presidente dell’associazione «Salaam Ragazzi dell’Olivo», aveva un canale aperto con il governo palestinese e quando gliene parlammo ci disse che non c’erano problemi per i contatti. Per finanziare questa nuova operazione proposi di fare un concerto quella stessa estate a Pontedera, in Toscana, dove Renzo aveva la sua base. Fra l’altro, nel mese di agosto gli Inti Illimanisarebbero venuti di nuovo in tour in Italia e Carletti, co-fondatore e ancora oggi leader de I Nomadi, ebbe l’idea di «due spettacoli in uno». La sua band e gli Inti Illimani, sullo stesso palco, ciascuno con il proprio repertorio e, in chiusura, una mega jam session.

Il concerto andò bene. L’incasso della serata fu adeguato per coprire le spese del viaggio a Gerusalemme, in autunno. Stavamo preparando i bagagli per questa nuova avventura, quando ai primi di novembre la notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno: il premier israeliano Rabin era stato uccisodalla mano scellerata di un fanatico, probabilmente pilotato da chi voleva fermare il processo di pace fra Israele e la Palestina. La nostra diventava un’operazione coraggiosa: non più solo solidarietà, ma un gesto con una valenza politica vera e propria. E così si partì.

Sbarcammo al Lod Airport. Arrivando a Gerusalemme, respirai la stessa tensione che avevo vissuto là nel 1972: non era cambiato niente. Lungo le strade c’erano i posti di bocco come allora, per entrare nellaHoly City di sera bisognava avere un certo coraggio, come allora. E come allora le speranze di rappacificazione tra i due popoli erano ridotte al lumicino. L’assassinio di Rabin aveva fatto precipitare la situazione.

A Gerusalemme ci aspettavano i rappresentanti di «Salaam Ragazzi dell’Olivo», due o tre ragazzi e una ragazza che vivevano lì e che da anni si occupavano di gestire direttamente sul territorio le necessità e i bisogni di una popolazione minorile cresciuta in un contesto di guerra. Passarono ancora un paio di giorni e i nostri accompagnatori ogni tanto ci dicevano: domani incontrerete Arafat, ma forse sarà per dopodomani; dobbiamo andare a Gerico, sì ci aspettano a Gerico; no, non andremo a Gerico, andremo invece a Jenin perché Arafat terrà un grande discorso per la gente di questa cittadina, nel nord della Palestina, «liberata» e restituita ai palestinesi. Queste notizie si rincorrevano insieme a «non dovete preoccuparvi».

Vivevamo questa situazione con un po’ di ansia, soprattutto Renzo, perchè era lui che aveva organizzato il viaggio. «Ho conosciuto Arafat negli Anni ‘80 a Perugia», mi disse, «ma non avrei mai immaginato di poterlo incontrare di nuovo nella sua terra. In Italia e qui abbiamo imparato molte cose utili grazie al rapporto con i bambini e le loro famiglie. Il nostro impegno deve continuare, specialmente in un momento così delicato per il processo di pace».

In attesa della convocazione di Arafat, i giorni correvano veloci. Renzo decise di andare a Beit Hula, nelle vicinanze di Hebron, dove aveva inviato una parte dei proventi del cd «Tributo ad Augusto». Beit Hula è un piccolissimo villaggio. Là, con quei soldi, era stato costruito un centro ricreativo per i ragazzi del posto... Per andare a Beit Hula dovevamo prima attraversare tutta la città, periferia compresa. Paola, responsabile di «Salaam» a Gerusalemme, ci chiese se volevamo visitare l’orfanotrofio palestinese«Jeel Al-Amal». Quando arrivammo là, c’erano centinaia di bambini. Con i Nomadi ci ritrovammo in mezzo a decine e decine di ragazzi vocianti, che ci coinvolsero in una partita di calcio «inconsueta», con due squadre di venti persone ciascuna, una baraonda incredibile, due palloni. Una situazione assolutamente improbabile che però ci permise di passare un paio di ore in quel posto. E non fu facile venir via da quell’orfanotrofio... se cominci a dare, ti accorgi che puoi dare sempre di più e che forse quello che stai dando non è ancora abbastanza.

Tutti a Gaza!

Ekrima Sa’id Sabri, il Grand Mofti, la massima autorità religiosa islamico-palestinese, ci aspettava in un palazzo da mille e una notte, nei pressi della Moschea della Roccia. Un funzionario ci fece da guida all’interno della Moschea. Poi, con il Grand Mofti ci trattenemmo per un tempo breve ma sufficiente per parlare dell’uso della musica nella cultura araba: «Dal punto di vista religioso», ci disse Ekrima Sa’id Sabri, «noi islamici cerchiamo di capire il significato profondo delle parole di una canzone. Se queste parole sono di solidarietà con chi soffre, allora anche la musica moderna può parlare di pace. Quello che il gruppo italiano de I Nomadi sta facendo con la propria musica è un progetto ammirevole e può rappresentare un ponte fra culture diverse. Che Dio vi benedica».

Dopo l’incontro con il Grand Mofti, Renzo ne aveva organizzato un altro con Mons. Michel Sabbah, Patriarca cattolico di Gerusalemme, il primo palestinese della storia a ricoprire questa carica... Piano piano si avvicinava sempre di più la data del nostro ritorno in Italia. Finalmente, qualche sera prima della partenza, ci confermano che a Jenin, la prima città «liberata» dopo l’omicidio di Rabin, Arafat avrebbe parlato alle masse. Dovevamo essere là entro le cinque del pomeriggio del giorno dopo. Si parte di buon’ora. Lungo la strada, pattugliamenti sempre più frequenti, posti di blocchi, militari in assetto di guerra. Finalmente ci comunicarono che Arafat aveva deciso di incontrarci a Gaza, sede del suo quartier generale. Andare a Gaza significava entrare nel cuore del nascente Stato palestinese. Per arrivare al bunker di Arafat ce ne erano di barriere da superare: militari, di guardie del corpo e servizi di sicurezza.

A poche centinaia di metri dal bunker ci dirottano verso una scuola. Improvvisamente ci viene detto cheArafat sta per raggiungerci. L’emozione cresceva. La nostra guida ci riunisce tutti quanti: «Ragazzi, dobbiamo andare! Arafat ci aspetta tra 10 minuti». Tutti quanti verso l’autobus, di corsa, guardie del corpo comprese, macchine di scorta, e via: un film! L’autobus si fermò davanti al bunker. Un militare si avvicina alla guida palestinese. Confabulano. La guida sale di nuovo sull’autobus e ci dice: «Mi dispiace, al quartiere generale di Arafat non sanno niente di questa visita». L’autobus si rimette in marcia per uscire dalla zona militarizzata. L’amarezza, la stanchezza, la tristezza stavano per sopraffarci. Un altro gruppo di militari blocca l’autobus. Alla nostra guida dicono che i musicisti e i componenti della missione umanitaria possono scendere: Arafat li aspetta, però a piedi. Tornammo indietro: trecento, quattrocento metri da percorrere camminando lentamente, controllati a vista. Per essere ammessi all’interno del bunker c’era da passare un metal detector, una perquisizione personale e così via. Arafat di lì a poco sarebbe arrivato. L’importante era potergli consegnare anche solo simbolicamente il «Tributo ad Augusto».

La sala delle conferenze, all’interno del bunker, era praticamente vuota. Solo un tappeto immenso a terra e una grande rappresentazione della Moschea della Roccia su una parete. Dopo qualche minuto, uno strano movimento di uomini e sedie: si comincia con una fila, poi due, tre, dieci file di sedie. Intorno a noi, piano piano, si era creata una folla di uomini della sicurezza, di militari, di scorte, di controscorte e, sorpresa, cominciarono ad arrivare tutti i nostri amici, uno per uno, goccia a goccia. Probabilmente, l’estrema prudenza era dettata dai pericoli che correva Arafat, in quei giorni l’uomo più spiato dai servizi segreti di tutto il mondo. Il leader palestinese entrò con un sorriso sereno. Mi colpì il fatto che, prima di parlare, passò di fila in fila, stringendo la mano a tutti e rispondendo sottovoce a chi gli rivolgeva domande. La sue parole e l’abbraccio fraterno con Renzo Maffei furono il premio per tutta la fatica fatta per avvicinarlo: «Sono molto felice per questo incontro», ci disse. «Noi stiamo attraversando un momento difficile, ma la nostra gente non deve dimenticare che il popolo italiano è un popolo amico. L’aiuto che è stato dato e che continua ad arrivare dalle vostre famiglie ai bambini palestinesi e per noi di grande conforto. Ringrazio il gruppo dei Nomadi per l’impegno umanitario che esprime con le canzoni e spero di vedervi ancora in una Palestina definitivamente libera».

Finito l’incontro, e dopo la foto di gruppo con alle spalle la gigantografia della Moschea della Roccia, Arafat, con grande gentilezza, ci mise «nelle mani» del suo esercito. E il capo della polizia di Gaza ci scortò fino all'autobus che ci avrebbe riportati a Gerusalemme, destinazione Italia...

Se volete saperne di più e leggere il libro “In viaggio con iI Nomadi”, questo è il link cui potete collegarvi: http://www.giunti.it/libri/musica/in-viaggio-con-i-nomadi/

Per ulteriori informazioni sulla 45.a Mostra Mercato del Tartufo Bianco: Ufficio Turistico del Comune di San Miniato - tel. +39 057142745 - oppure scrivete a: cesare@sanminiatopromozione.it

Alla prossima e... buona Musica a tutti!

Fausto Pirìto

Nomadi - I ragazzi dell'olivo - (1990)
AD EST AD EST NOMADI

Articoli dal Blog “Musica e dintorni” di Fausto Pirìto