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venerdì 13 dicembre 2024

MUSICA E DINTORNI — il Blog di Fausto Pirìto

Fausto Pirìto

FAUSTO PIRITO - Sulle strade del Pop (e non solo) con l'ex caporedattore di Tutto Musica & Spettacolo, già direttore artistico del contest Rock Targato Italia e garante del Festival della contaminazione BresciaMusicArt, ideatore e curatore del Tributo ad Augusto Daolio e del contest Soms Experience, autore dei libri “In viaggio con I Nomadi” e “Vasco in concerto”

​Castelo: quando il fado incontrò i Rolling Stones

di Fausto Pirìto - lunedì 01 giugno 2015 ore 20:25

Custódio Castelo live a Pontedera - foto: bruniteam@virgilio.it

“È successo tutto per caso nel 2007. La mia amica Ana Moura, una delle voci più belle del fado portoghese di oggi, mi presentò a Tim Ries, il sassofonista che dal 2003 accompagna in tour i Rolling Stones. Tim aveva ascoltato la mia musica e mi propose di accompagnare Ana nella interpretazione di un paio di canzoni degli Stones che lui aveva intenzione di rivisitare e inserire nel suo secondo album di cover dedicato alla band inglese. Fu così che mi ritrovai a suonare in 'No Expectation' e in 'Brown Sugar' al fianco di Mick Jagger e compagni nel disco 'Rolling Stones Projects 2' uscito nel 2008. Fu un'esperienza unica, esaltante, meravigliosa”.

A raccontarmi questo aneddoto, non senza un sorriso di sodisfazione sulle labbra, è stato il chitarrista Custódio Castelo, sicuramente il massimo esponente vivente della scuola classica di “guitarra portuguesa”. Il nostro incontro è avvenuto sabato sera 30 maggio alCentrum Sete Sóis Sete Luas di Pontedera (http://www.festival7sois.eu/it/) durante l'after show del concerto, applaudissimo, che Castelo ha tenuto insieme con la vocalist Teresa Ventura e Gilberto Correia, maestro di “viola baixo”, altro strumento caratteristico del fado di Lisbona.

Ma torniamo un po' indietro. Nella sala del Centrum, un centinaio di persone è lì che aspetta l'inizio della performance (che, sottolineo, era a ingresso libero). La prima fila, come solitamente avviene per una sorta di pudore quando i posti non sono assegnati, è quasi completamente vuota. Allora, suggerisco a due miei amici, Giuseppe Lo Bartolo (fotografo vissuto per oltre un ventennio a Cuba) e sua moglie Daimarelis Ferrer Hardy, di sederci noi sotto il palco, anche per offrire ai musicisti un contatto fisico diretto con il pubblico. D'improvviso, le note di una “guitarra portuguesa” cominciano a diffonfersi dalle casse, ma lì per lì sembra quasi una musica registrata. Invece è Castelo che, dal fondo della sala in penombra, si sta avvicinando facendosi largo, grazie al suono lieve e live del suo strumento, tra due ali di persone un po' intimorite. Emozionante, spettacolare. Castelo arriva al palco, ma non sale e si siede proprio davanti a noi continuando a “perdersi" in un brano tanto struggente quanto ammaliatore.

Marco Abbondanza, direttore del Centrum, ce lo aveva anticipato poco prima con parole semplici ed efficaci: “Il fado è una musica né triste né allegra… forse malinconica nel senso più soave del termine… e stiamo per assistere alla sua rappresentazione più originale grazie a uno dei maggiori innovatori della tradizione di Lisbona”. In effetti, è difficile accostare un aggettivo alla parola fado. Si può solo dire che il nome stesso di questo genere musicale si ispira al tipico stato d'animo portoghese della “saudade”e che racconta temi di emigrazione, di lontananza, di separazione, di sofferenza. Sofferenza che, quasi costantemente, si legge scritta sul volto di Castelo mentre suona usando soltanto due e in un solo pezzo tre dita. Eppure, quello che riesce a tirare fuori dal suo strumento ha qualcosa di grandioso. Canto, controcanto, accompagnamento, armonizzazione… una magia unica che ti mette i brividi e ti fa immedesimare in quelle smorfie di “dolore e sentimento” che vedi lì, a un metro e mezzo da te, stampate sul viso di questo “musico gigante”…

Anche la mano destra del Maestro, che alla fine di ogni fraseggio stoppa le 12 corde dello strumento per evitare l'eco della vibrazione creando un attimo sublime di silenzio, sembra voler dettare il ritmo alla nostra commozione. E ci riesce. Eccome se ci riesce. Finalmente, dopo lo scroscio liberatorio di applausi che gli arriva dalla gente, Castelo sale sul palco ed ecco che introduce prima Gilberto Correia, con il quale si produce in duetti e virtuosismi altrettanto coinvolgenti, poi Teresa Ventura che, con la sua voce carezzevole ma anche potente, ci porta magicamente nell'ambiente popolare delle taverne di Lisbona, riuscendo a intrigarci, facendoci ridere e cantare con lei. Non importa se non conosciamo il portoghese, sembra dire guardandoci negli occhi mentre prosegue nel suo canto. Basta un “la-la-la / la-la-la” e il gioco è fatto! Tutti e tre gli artisti sono vestiti rigorosamente di nero, come è consuetudine per gli interpreti del fado, e anche questo tocco di scenografia e costumi fa la differenza.

Lo spettacolo va avanti per oltre un'ora. Alla fine, accomiatandosi con un elegante inchino, Castelo, Ventura e Correia lasciano la sala. Ma per poco. La gente continua ad applaudire e “li pretende” a viva voce di nuovo sul palco, costringendoli a un doppio, graditissimo bis.

Così, ritorniamo a dove eravamo partiti. Alle nostre quattro chiacchiere con l'artista che, nonostante la fatica dello show, non nega una risposta gentile, un sorriso o un autografo a quelli che gli si fanno sotto con in mano penna e una copia del suo ultimo cd, “InVentus”. Io, ignorante, gli chiedo lumi sulla tecnica che usa nel suonare la “guitarra portuguesa” e sul fado in generale. Castelo, cortesemente, mi spiega che da quando era bambino (aveva sette anni quando ha preso in mano il suo primo strumento, oggi ne ha 49) lui ha imparato e affinato la sua arte seguendo l'esempio dei grandi di questo genere e accompagnando Amália Rodrigues, la “voce del Portgallo”. Mi dice poi che a tredici anni ricevette in dono la sua prima, vera chitarra acustica, facendo in seguito esperienza in vari gruppi di musica popolare e anche in una rock band di giovanissimi. Infine, Castello mi parla della necessità di fare una netta distinzione fra le tradizioni fado di Lisbona e di Coimbra. Così, stuzzica la mia curiosità e oggi scopro che il fado di Coimbra, di estrazione colta, ha caratteristiche compositive e interpretative sue proprie e generalmente è suonato nei toni di maggiore, mentre quello di Lisbona, nato nell'ambiente della piccola malavita urbana, è il vero fado popolare che predilige le tonalità in minore.

Ho detto che solo oggi ho scoperto questi fondamentali dettagli. Lo ripeto: la mia ignoranza è oceanica, ma del fado io ho sempre e comunque amato il fascino sottile che sa esprimere, agguantando la tua anima e tirandoti dentro, grazie appunto alle interpretazioni della Rodrigues (che era solita dire: “Non sono io che canto il fado, è il fado che canta in me”) e spingendomi, dopo un viaggio a Boa Vista, a esplorare l'universo della “morna” capoverdiana che in qualche modo poggia la sua filosofia, come il fado, sulla già citata “saudade”, la "malinconia per qualcosa che non si è vissuto" che qualcuno spericolatamente identifica anche nella cosiddetta "nostalgia del futuro".

E io ho già “nostalgia” di Custódio Castelo e della sua arte. Forunatamente, non ci sarà da aspettare un futuro lontano per riaverlo qui in Toscana. Marco Abbondanza ha infatti annunciato che nel mese di luglio, tra Pontedera e Montecastello, si svolgerà la XXIII edizione del Festival Sete Sóis Sete Luas. E il nostro nuovo amico ci sarà, insieme con la sua Vibra.Sóis Orkestra. Di questo ci occuperemo senz'altro e molto presto. E stavolta è proprio il caso di lasciarvi con il mio consueto slogan di chiusura: buona Musica a tutti!

Fausto Pirìto

Custódio Castelo live with The Macao Orchestra
Ana Moura / Custódio Castelo - “No expectations”

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