Il Chianti, un meraviglioso territorio enoico
di Nadio Stronchi - martedì 19 aprile 2022 ore 07:30
Chianti: l’origine del nome Chianti non è certa. Secondo alcune versioni potrebbe derivare dal termine latino clangor, ovvero rumore, a ricordare il suono delle battute di caccia effettuate nelle foreste di cui era ricca la zona; secondo altre versioni deriverebbe dall’etrusco clante, ovvero acqua, di cui il territorio è ricco, ma anche nome di famiglie etrusche diffuso nella zona. Già da questa premessa filologica si può intuire la prosperità e la fertilità del terreno del Chianti, il cui clima mite e la cui fulgida vegetazione hanno fatto sì che le sue colline fossero abitate sin dal secondo millennio a.c.
L'epoca etrusca e romana in Chianti: furono gli Etruschi a modificare per primi il paesaggio chiantigiano. Essi abbandonarono la pastorizia per dedicarsi all’agricoltura, introducendo la coltivazione della vite. Agli Etruschi succedettero i Romani, i quali dettero un grande impulso all’economia agreste, iniziando in particolare anche la coltura dell’olivo. Con la fine dell’Impero, la zona del Chianti conobbe secoli di decadenza: e imperversarono insicurezza, brigantaggio, guerre e carestie ; tale situazione rimase sostanzialmente invariata per tutti i secoli dell’Alto Medioevo.
Le condizioni agropedologiche e nicroclimatiche sono ineccepibili, il meglio che si possa avere per la viticoltura, ma l’uvaggio è stato statico per moltissimo tempo; Valido fino a che altri territori hanno iniziato ad usare i vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon, il Merlot, lo Syrha, il Petit Verdot, il Pinot Noir e altri 44 vitigni di varia natura.
I proprietari delle aziende del Chianti percepirono subito che l’uvaggio del disciplinare della DOC e poi della DOCG fatta di Sangiovese, Malvasia Nera, Canaiolo non bastava per ottenere il miglior vino dal territorio, occorreva adeguarsi e cambiare disciplinare.
Il vino "Chianti Classico" deve essere ottenuto da uve prodotte nella zona di produzione delimitata provenienti da vigneti aventi, nell'ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: Sangiovese dall’80% fino al 100%. Possono inoltre concorrere alla produzione le uve a bacca rossa provenienti da vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Toscana nella misura massima del 20% con ben 49 vitigni anche di altissimo pregio sopra menzionati come: il Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrha, Petit Verdot e Pimot Noir.
La denominazione di origine Chianti DOCG comprende le tipologie Chianti, Chianti superiore e Chianti riserva, con riferimento anche alle sottozone: Chianti Colli Aretini, Chianti Colli Fiorentini, Chianti Colli Senesi, Chianti Colline Pisane, Chianti Montalbano, Chianti Montespertoli e Chianti Rufina
Fu L’Accademia dei Georgofili, 1753, a stabilire l’uvaggio per fare Chianti, nato nel 1716, e fu Bettino Ricasoli, membro dell’Accademia ad esigere, infatti, la separazione dei raspi dalle vinacce, la fermentazione in vasi chiusi e una svinatura rapida seguita dal “governo all'uso toscano” (cioè uve stramature aggiunte al mosto già svinato per dargli gradazione e freschezza), ora, non più in uso. Solo nel 1874 si arrivò a definire l'uvaggio del Chianti al quale si sarebbe ispirato oltre un secolo dopo, il disciplinare del 1984. Da questa data si sono succedute molte modifiche e migliorati ai disciplinari di produzione e tutela, ma in sostanza, dal mio punto di vista, a me pare che solo il 20% di aggiunta di altre uve è ben poco per dare ancora di più eleganza e struttura ai vini in particolare le riserve.
Fatti salvi molti Chianti, ottimi, potrebbero divenire eccelsi limitando di molto l’uvaggio di Sangiovese che è vero si che da struttura ai vini, ma siccome è un vitigno che crea problemi per portarlo a maturazione equilibrata alla fine crea dei vini spigolosi con eccessivo tannino di caratteristiche non nobili. Le Istituzioni regionali vogliono mantenere la tipicità del Chianti ottenuta con il Sangiovese, ma spesso la tipicità non è in armonia con la qualità dei vini che invece viene dai vitigni internazionali. Non vuol dire creare appiattimento qualitativo perché alla fine è il territorio (terroir) che fa le differenze anche da collina ad altra collina e da vigneto a vigneto (cru).
Uno di vini Chianti è quello dell’azienda vinicola “Castello di Uzzano” Chianti Classico, la vendemmia del 2018. Mi ha dato le seguenti sensazioni: Colore: rosso rubino con tonalità vivace. Profumo: franco, armonico, con sentori mammola e cuoio. Gusto: armonico, piacevole, leggera vinosità con una sensazione finale consistente.
Nadio Stronchi