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venerdì 08 novembre 2024

PAROLE MILONGUERE — il Blog di Maria Caruso

Maria Caruso

MARIA CARUSO - “Una vita da vivere” è il primo libro che ha scritto dopo aver visto il primo cielo a San Felipe in Venezuela ed aver fatto il primo ocho atràs a Pisa. E' in Italia dal 1977 e per tre anni ha abitato in Sicilia. Le piace raccontarsi e raccontare con le parole che le passano per la testa ballando un tango in milonga. Su Facebook è Marina de Caro

Il barocco nel tango argentino

di Maria Caruso - mercoledì 27 luglio 2016 ore 08:15

Il Tango Argentino nasce umile. Si suppone pertanto di ballarlo in ambienti poveri o per strada quando la stagione lo consente. Le movenze e le figure di tango hanno un’esuberanza decorativa e artigianale che lo assimila allo stile barocco che troviamo nelle nostre terre siciliane. Se poi tali passi di tango li eseguiamo sotto la cornice di una cattedrale sontuosa e in stile settecentesco, non ci sono parole per definire la sensazione provata dal tanguero mentre balla. 

Il linguaggio dei ballerini si arricchisce di complesse geometrie spaziali durante le figure eseguite e le scene prospettiche per l’osservatore sono di grande rilevanza. Si eleva difatti il canto del cigno per tutta la nobiltà posseduta dal nostro Tango, come marchio inconfondibile di un ballo elegante, sensuale e mai volgare. La ricchezza del posto stride con la povertà del tango argentino ma ha creato ugualmente un gruppo sociale, dove tutto si mescola creando uno status symbol molto particolare. 

Adesso si sentono il calore, la gioia e la libertà nell’esprimersi ballando come la fantasia richiede in quel preciso momento. I tangheri possono liberamente rappresentarsi e drammaticamente adornare riccamente le loro movenze creando chiaro scuro di luce con la massa dei loro corpi e le loro ombre se, sotto la luce dell’imbrunire. Il tango in Sicilia sta prendendo sempre più piede ma non molto per ora, seppur la tradizione sicula e quella del tango argentino creino una mescolanza di emozioni ancor più sentita, vista la similitudine della storia che accompagna questi due popoli. 

Anche se lontani nello spazio temporale sono molto vicini nel loro vissuto, nelle radici stesse del tango e nel sentimento che li accomuna. Nei tangheri isolani si può notare una sorta di timidezza ancor più marcata rispetto ai Toscani (che conosco meglio) e questo può essere scambiato, se non si conosce il popolo e la loro cultura, per superbia ma così non è. Unico neo: poche milongas… quando scendo giù dai miei, non riesco a trovarne una nei paraggi oppure sono in posti sperduti non individuabili dal Tom Tom per cui perdo tanto tempo per trovarli. 

La milonga in questione dunque era a molti passi da me ed io, in uno dei miei viaggi in Sicilia, convinsi una mia amica non ballerina, a venire con me. Sensazione strana provata nel vedere nuovi volti che a loro volta mi guardarono con sospetto. Inizialmente nessuno dei presenti fece gli onori di casa tangueri, finché un uomo, più coraggioso degli altri, non fece un passo verso di me, per accorciare le distanze. Beh dopo quella tanda entrai nel vivo della milonga e fu un susseguirsi di altri inviti ma come Cenerentola nel momento in cui mi stavo divertendo un mondo, arrivò il fatidico: “Andiamo?” da parte della mia amica. L’avrei strozzata ma a malincuore lasciai i miei amici con l’amaro in bocca e mestamente mi avvicinai alla porta non trascurando di salutare e di fare grandi sorrisi, non sia mai che li riveda no? Lasciare sempre un buon ricordo è fondamentale in questi casi. 

Così non contenta e insoddisfatta da quell’esperienza chiesi a mio cugino di portarmi in occasione di un festival nel pomeriggio in una località vicina a me, così da farmi lasciare lì e di mandare lui e i suoi amici al mare per passare il tempo. Beh, indubbiamente: location bellissima con terrazza a picco sul mare. Erano le tre del pomeriggio. Il sole cuoceva sopra le nostre teste sui 40° senza ombra ed io ero seduta in attesa dei ballerini per sfruttare al meglio il pomeriggio. Sudavo solo a star seduta. Nessun riparo sopra le nostre teste. 

Arrivarono tre coppie che pensarono bene di esercitarsi tra loro, altri due uomini (quelli scarseggiano in tutto il mondo) e quattro donne. Tutti in attesa di far decollare la milonga pomeridiana. Il dj ricercava brani sconosciuti che poco invogliarono i tangueri a fare due passi in pista. Sono convinta l’abbia fatto per il nostro bene poiché l’unica tanda che sono riuscita a ballare è stata da infarto e da ricovero immediato per colpo di calore. In questi casi suggerirei di far sostare un’ambulanza nei pressi dell’evento come succede per le partite di calcio, così in caso di necessità può prontamente intervenire guadagnando minuti preziosi per salvare una vita. 

Rimasi anche per la serata cioè per il dopo cena, rispedendo mio cugino e i suoi amici a fare una passeggiata, ma il risultato finale di questa partita è stata una sconfitta assoluta, poiché negli eventi della durata di qualche giorno, mal si accettano facce non conosciute durante il check–in e soprattutto le milongas non sono “pure” cioè non sono frequentate solo dai tangueri locali, ma “infettate” da quelli provenienti da altre città, paesi o addirittura stati che si sa com’è…. O bene bene o male male. 

Qualcuno addirittura va in milonga e non invita nessun altro oltre alla sua ballerina e viceversa e allora mi vien da pensare: “Che ci vengano a fare?” “Possono mettere dei brani a casa e ballarli in piena tranquillità no?”. Già non ci avevo pensato… A casa non hanno un pubblico da cui farsi guardare e pertanto non si divertono ovvio. A proposito nelle piazze di paese dove qualche volta in piena estate sono organizzate serate di balli misti, liscio, salsa e di gruppo, i tangueri “fanatici” come me, non si scoraggiano, poiché ballano il tango su qualsiasi musica.

Un abbraccio tanghero. 

Maria Caruso

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