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martedì 08 ottobre 2024

FAUDA E BALAGAN — il Blog di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

ALFREDO DE GIROLAMO - Dopo un lungo periodo di vita vissuta a Firenze in cui la passione politica è diventata lavoro, sono tornato a vivere a Pisa dove sono cresciuto tra “Pantere”, Fgci, federazione del partito e circoli Arci. Mi occupo di ambiente e Servizi Pubblici Locali a livello regionale e nazionale. Nella mia attività divulgativa ho pubblicato i libri Acqua in mente (2012), Servizi Pubblici Locali (2013), Gino Bartali e i Giusti toscani (2014), Riusi: da rifiuti a risorse! (2014), Giorgio Nissim, una vita al servizio del bene (2016), SosteniAMO l'energia (2018), Da Mogador a Firenze: i Caffaz, viaggio di una famiglia ebrea (2019). ENRICO CATASSI - Storico e criminologo mancato, scrivo reportage per diversi quotidiani online. Svolgo progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo. Curatore del libro In nome di (2007), sono contento di aver contribuito, in piccola parte, ad Hamas pace o guerra? (2005) e Non solo pane (2011). E, ovviamente, alla realizzazione di molte edizioni del Concerto di Natale a Betlemme e Gerusalemme. Gli autori insieme hanno curato i seguenti libri: Gerusalemme ultimo viaggio (2009), Kibbutz 3000 (2011), Israele 2013 (2013), Francesco in Terra Santa (2014). Voci da Israele (2015), Betlemme. La stella della Terra Santa nell'ombra del Medioriente (2017), How close to Bethlehem (2018), Netanyahu re senza trono (2019) e Il Signor Netanyahu (2021).

Bye bye London

di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - giovedì 21 dicembre 2017 ore 07:35

I leader dell'Ue all'unisono mettono in guardia Theresa May, ammonendo che la seconda fase dei colloqui sarà più difficile e "impegnativa" rispetto al primo tormentato e tumultuoso round. È l'ultimo test per Bruxelles. Quando si tornerà alle trattative sul tavolo i negoziatori dell'Unione lasceranno le indicazioni e i dettagli, non concordabili, della fase di transizione, prendere o lasciare. Richieste, almeno sulla carta, inaccettabili dal gruppo britannico della destra euroscettica. Che in queste ore ha dovuto subire l'umiliante provocazione del cancelliere dello scacchiere Philip Hammond. 

Figura di spicco tra i Tory moderati, segretario agli esteri nell'ultimo governo Cameron, Hammond ha affermato pubblicamente che il Regno Unito "tecnicamente" lascia, ma manterrà le stesse regole per il commercio e l'immigrazione anche dopo la separazione per un periodo di almeno due anni. È la sfida all'ala del collega di partito Boris Johnson. E la conferma che la May avrebbe finalmente, e definitivamente, abbracciato l'opzione di una Brexit soft. Disposta ad accettare le proposte di Bruxelles per il periodo di transizione, che comportano il mantenimento dello status quo: UK dentro al mercato unico e nell'unione doganale, contributi ai programmi di ricerca congiunti, attenersi alle regole europee per la politica agricola e per la pesca, rispettare i verdetti della Corte di Giustizia europea, nessun rappresentante al Parlamento europeo, nel Consiglio e nella Commissione.

Tuttavia la battaglia, prima che a Bruxelles, è in pieno svolgimento nelle aule di Westminster dove recentemente il governo è andato sotto, in un voto cruciale sulle trattative. Pochi giorni dopo la chiusura dell’accordo con Bruxelles sulla prima fase dei negoziati è arrivata la doccia fredda per la May. Un gruppo di ribelli ha guidato la rivolta, facendo approvare, per soli 4 voti di scarto, l'emendamento per cui i parlamentari ottengono un potere di veto sul divorzio dall'Ue. L'ennesimo duro colpo alla leader britannica. Al punto che c'è chi parla apertamente di sconfitta politica che mette fine al governo per aprire presto la strada alle elezioni.

Intanto nel dibattito torna a farsi sentire, dalle colonne del quotidiano the Guardian, la voce di Tony Blair. L'ex leader laburista, oggi impegnato in una campagna contro la Brexit, e intenzionato a riconquistare posizioni dentro ad un partito che l'ha relegato ai margini: “Capisco la posizione molto pragmatica assunta dal partito laburista, non disapprovo il pragmatismo in politica. Ma continuo a pensare che è la scelta sbagliata”. La critica è all’attuale guida del Labour Jeremy Corbyn, accusato di continuare a considerare la Brexit una questione secondaria dell'agenda: “Mi piacerebbe vedere quanto prima un governo laburista. Ma penso che l'assoluta priorità in questo momento sia arrestare la Brexit”. L'ex inquilino di Downing Street, seppure in patria la popolarità di un tempo è sbiadita, lancia messaggi di guerra sia al governo che alla dirigenza del suo partito, e c'è chi paventa che il “profeta” della terza via sarebbe prossimo, anche se manca la conferma, a dare vita ad una nuova forza politica centrista: “Siamo in un'epoca in cui la gente invoca il cambiamento. Esiste un elettorato che convintamente è disposto a votare per una visione del futuro, piuttosto che seguire il nazionalismo nostalgico della Brexit o le politiche di sinistra degli anni '60. È una larga fetta della società che è stanca di entrambi”.

Tra “vecchi” volti della politica che ritornano nell'arena e “vecchietti” che guidano la rinascita del partito, si consuma un possibile strappo nella sinistra britannica. Ma la May non si può avvantaggiare delle divisioni interne all'opposizione, le incognite che pesano sul futuro del Regno Unito riguardano anche la delicata questione della frontiera tra Irlanda del Nord e Irlanda. E l'eventualità di una Scozia chiamata ad un altro referendum per l’indipendenza, con un esito che oggi pare scontato: bye bye London.

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Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

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