La chimeraviglia
di Gianni Micheli - lunedì 03 febbraio 2025 ore 08:00

La chimeraviglia ha radici lontane. Ha legami con la storia e con il territorio. Con la terra in un senso fisico e materico. La terra scavata, la terra trovata, che sporca le mani e fa esultare la mente. Terra e materia che si è fatta storia e territorio. Un territorio.
Affascina e stordisce, la chimeraviglia, con quel suo grido, intimo, che rivela un senso di appartenenza che va oltre qualsiasi ragione svelando il mistero, un mistero.
La chimeraviglia è un “quando”, un “dove”, un “come”, un “qui” rivelato. Un “ora” del momento, appassionato, che fa sgranare gli occhi.
Un occhio nel mito che riempie la fantasia.
Era attesa ma inaspettata. Era conosciuta ed è sembrata nuova. È origine e racconto della scoperta più appassionante. La chimeraviglia è folgorazione. Un tuono. Un botto. Uno scoppio.
La chimeraviglia è il sostantivo che gli aretini attendevano. È il sentimento che sapevano di poter provare. Che sentivano appartenergli da tempo immemore. Un tempo senza tempo, mentre il tempo scade.
La chimeraviglia è a portata di mano, ma ancora per poco. Abbaglia gli aretini, per ragioni che gli aretini conoscono, ma in verità è tesoro comune. Ed è priva di controindicazioni, oltre ad essere l’omaggio più grande ai suoi visitatori della mostra “Il Teatro delle Virtù”, presso la Galleria d’Arte Contemporanea e la Sala Sant’Ignazio di Arezzo.
La mostra è stata prorogata ma, inevitabilmente, ha un termine: domenica 2 marzo 2025.
Chi porta Arezzo nell’indirizzo postale dovrebbe andarci. Dovrebbe segnarlo nell’agenda come un dovere, come mangiare, come dormire, come pensare. Perché un frammento di chimeraviglia, da respirare in compagnia dell’opera di un genio pur lui aretino, Giorgio Vasari, può trasformare un’ora, un giorno. Può cambiare un’intera storia.
Gianni Micheli