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sabato 12 ottobre 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​Lo storytelling e l’inutilità della guerra dei “ragazzi di destra”

di Adolfo Santoro - sabato 04 novembre 2023 ore 08:00

Theodor Herzl
Theodor Herzl

Una delle caratteristiche dello storytelling del maccartismo nostrano sulle guerre è la destoricizzazione: viene fissato un evento emotivamente pregnante che faccia comodo alla propaganda e viene avulso dal contesto più generale dell’escalation degli eventi. L’opinione pubblica cristallizza così l”aggressore” e la “vittima” ed ignora le responsabilità storiche. Non sto ovviamente parlando di un bambino che viene aggredito da un adulto, ma di Nazioni dotate di un Corpo Diplomatico altamente evoluto e rappresentate all’ONU, che dovrebbe essere la sede logica della composizione dei conflitti. La destoricizzazione serve dunque ad ingannare l’opinione pubblica al fine di un coinvolgimento emotivo contro un presunto nemico. Ed in questa mistificazione chi afferma l’importanza della pace viene messo sul banco degli accusati dai governi fiancheggiatori dei potenti e dalla stampa-serva: nello stile maccartista vengono stilate liste di “filo-“, viene richiesta la dimissione del Segretario Generale dell’ONU non compiacente, perfino il papa è accusato. Tutto per difendere la “santità” della guerra.

Ma dopo un certo tempo e dopo un certo numero di morti i nodi vengono al pettine. Dopo 19 mesi di guerra e dopo 500.000 morti o gravemente feriti tra i militari tra Ucraini e Russi (e dopo quasi 10.000 morti e decine di migliaia di feriti tra i civili ucraini) la premier Meloni è stata “sgamata” in una telefonata, avvenuta il 18 settembre scorso, durata 13 minuti e fatta da due comici russi nello stile “Scherzi a parte” (o di Totòtruffa o di Fantozzi, se si vuole). La nostra “Alice nel paese delle meraviglie” ha ammesso che c’è “molta stanchezza” della guerra ucraina, che "Siamo vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d'uscita. Il problema è trovarne una che possa essere accettabile senza distruggere il diritto internazionale … L'Ucraina non ha avuto il successo che ci si aspettava in primavera. La controffensiva dell'Ucraina forse non sta andando come si aspettavano. Sta procedendo, ma non ha cambiato il destino del conflitto. Quindi tutti comprendono che (il conflitto) potrebbe durare molti anni se non proviamo a trovare delle soluzioni. Il problema è quale sia la soluzione accettabile senza aprire altri conflitti". Tutte cose che, ad esempio, il sociologo Alessandro Orsini aveva ampiamente previsto prima di tutti questi morti (finendo poi per essere emarginato e “oscurato” dai media).

(Ragazza di destra, semplice giudicare, metti la divisa a lavare. Ti giuro nessuno ce l’ha con te. Facile caricare! C’è un bambino dentro di te che è ancora convinto di dover dimostrare a costo di farsi male eh eh. Tutto solo nel tuo bomberino, senza la tua squadra tu chi sei. Posa il manganello e prendi un fiore, mangiati un gelato con qualcuno, oggi che è festa, ragazza di destra …)

Ri-storicizzare il conflitto Israele-Palestinese offre altri dati: il Ministero israeliano degli Affari Esteri afferma che tra il 1920 e il 1947 (cioè prima della proclamazione dello Stato d’Israele, avvenuta nel 1948) gli ebrei morti erano 700 , i feriti erano 2.500; gli arabi morti erano 2.000, i feriti 12.000. Altri dati sono: tra il 1948 e il 2000 ci furono tra gli ebrei 3.000 morti e 25.000 feriti, tra gli arabi 8.500 morti e 35.000 feriti; tra il 2000 e il 2010 ci furono tra gli ebrei 1.100 morti e 7.000 feriti, tra gli arabi 5.500 morti e 20.000 feriti; tra il 2010 e il 2019 tra gli ebrei ci furono quasi 10.000 morti e quasi 40.000 feriti, tra gli arabi quasi 35.000 morti e quasi 70.000 feriti. Tra il 2009 e il 2017 sono stati i uccisi da poliziotti israeliani 2.709 palestinesi. A tutti questi si aggiunga l’uccisione di 826 israeliani e di 8.000 civili arabi (di cui la metà bambini) di questi giorni.

(A dimostrare la ferocia e l’inutilità delle guerre si aggiungano le vittime civili di Siria (dopo 12 anni di guerra 500.000 morti), del Sudan (400.000), dello Yemen (15.000) e delle almeno 23 nazioni dove attualmente i conflitti sono ad alta intensità. Insomma, per dirla alla Bertold Brecht, "La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente".)

La destoricizzazione dello storytelling si manifesta anche attraverso la confusione dei termini linguistici: nel caso della rissa Netanhyau-Hamas una delle “ignoranze” favorite dalla manipolazione mediatica è l’intercambiabilità tra “semita”, “ebreo”, “giudeo” e “sionista”. Cerco di fare chiarezza.

Semita” è un termine coniato nel 1700 e fa riferimento ai popoli che parlano o hanno parlato lingue del ceppo semitico (Arabi, Ebrei, Aramei, Assiri, Cananeo-Fenici, Abissini); è un termine usato, dunque, soprattutto da un punto di vista linguistico; studi genetici sul cromosoma Y hanno mostrato che Arabi, Ebrei e Fenici potrebbero avere un antenato comune. (Arabi ed Ebrei son parenti! Fratelli coltelli!)

Ebreo” e “giudeo” sono termini religiosi: l’Ebraismo è una religione, cioè una credenza, fondata da Abramo attorno al 2000 a.C. e basata sulla Bibbia ebraica, la Torah, che sarebbe stata scritta da Mosé attorno al 1300 a.C.. Il Giudaismo si è sviluppato dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. (ad opera del generale Tito, poi divenuto imperatore, e chiamato “delizia del genere umano”); il termine deriva dalla “tribù di Giuda”, a cui appartenne la dinastia di re David e nel cui territorio si trovava il tempio di Gerusalemme, unico centro legittimo di culto secondo la Torah; l’identificazione di “giudeo” con “popolo ebraico” avvenne dopo la dispersione delle dodici tribù di Israele: parte del popolo ebraico si raccolse attorno alla tribù di Giuda; alla Torah il Giudaismo ha aggiunto il Talmud, una raccolta di commenti e interpretazioni della legge ebraica. Mentre, dunque, l’ebraismo è un sistema di credenze, leggi e pratiche religiose con una forte identità culturale e storica che si estende ben oltre la religione, il giudaismo si concentra principalmente sulla religione e sulla comunità ebraica.

Per secoli l’ostilità antiebraica non fu chiamata in alcun modo: era “naturale” che nelle società cristiane le minoranze ebraiche vivessero nettamente separate dalla maggioranza. Quando gli ebrei ottennero l’uguaglianza ed entrarono a far parte della società circostante, nacque una nuova ostilità verso di loro e nel 1879 ci fu il bisogno di coniare il termine “antisemita”, usato nel senso di “anti-ebreo” (e non nel senso letterale che è anche “anti-arabo”). Il termine “antigiudaico” fu coniato dopo la seconda guerra mondiale al fine di distinguere l’antisemitismo religioso dei Cristiani dall’antisemitismo dei nazisti.

Sionista” è, invece, un termine politico che sottende all’ideologia tesa all’affermazione del diritto del popolo ebraico all’autodeterminazione con il ritorno alla “Terra Promessa”, la “Terra di Israele” (altri movimenti nazionalisti ebraici del 1800 non esprimevano preferenze sul luogo oppure chiedevano l'autonomia politica degli ebrei nei loro tradizionali territori di insediamento in Europa). Il termine "sionismo", coniato nel 1890, deriva dal monte Sion, il primitivo nucleo della città di Gerusalemme. Nel corso dei secoli vi era sempre stata una corrente migratoria ebraica verso la Palestina, motivata essenzialmente da ragioni religiose: all’inizio del 1800 ci sarebbero stati in Palestina 5.000 ebrei (il 3% della popolazione); a fine ‘800 divennero 25.000 (8% della popolazione). Il fondatore del sionismo è considerato Theodor Herzl, giornalista austriaco, che nel 1895 seguì il processo a Alfred Dreyfus, un capitano dell’esercito francese di etnia ebraica, che fu accusato ingiustamente di tradimento. Herzl, di fronte all’ondata antisemita suscitata dalla stampa francese, concluse che era impossibile l'assimilazione degli ebrei in Europa e che le comunità ebraiche necessitassero di un proprio Stato garantito dal diritto internazionale. Egli incoraggiò la colonizzazione ebraica in Palestina (che allora faceva parte dell’impero ottomano), l'unificazione e l'organizzazione di tutte le comunità ebraiche, il rafforzamento della coscienza ebraica individuale e nazionale e iniziative per assicurarsi l'appoggio dei diversi governi. Nel frattempo continuava l’ampio movimento migratorio ebraico, causato dai ripetuti pogrom dell'Impero russo tra il 1881e il 1906: sarebbero emigrati dalla Russia tra il 1880 e il 1929 2.285.000 ebrei, di cui 45.000 si stabilirono in Palestina, mentre la grande maggioranza scelse gli Stati Uniti d’America. Nel dibattito tra i sionisti, tuttavia, la Palestina non era la sola opzione: altri individuavano la “Terra d’Israele” in Argentina, Ecuador, Suriname, Amazzonia, Uganda, Kenia, Stati Uniti, Canada, Australia; fu solo nel 1905 che prevalse la scelta della Palestina. Il sionismo si inseriva così nel più vasto fenomeno del nazionalismo del 1900 e si articolò in varie forme ideologiche: socialismo, religione, revisionista (di stampo para-fascista), liberale. Durante la prima guerra mondiale, a seguito del disfacimento dell’Impero ottomano, gli inglesi si impegnarono col banchiere svizzero sionista Rothschild a costituire in Palestina un "focolare nazionale", che non avrebbe dovuto pregiudicare "i diritti civili e religiosi" delle popolazione preesistenti, "né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni"; dopo la fine della guerra gli inglesi ottennero un “mandato” sulla Palestina. Negli anni successivi al 1930 e, soprattutto, durante la seconda guerra mondiale, l’immigrazione ebraica in Palestina aumentò notevolmente a causa dell’ascesa al potere di Hitler; tra il 1929 e il 1939 si verificarono in Palestina rivolte arabe: inutilmente gli inglesi cercarono di costituire due Stati distinti (questa divisione non era accettata né dagli arabi, né dagli ebrei). La scoperta della Shoah, attuata dai nazisti verso gli ebrei, ebbe l’effetto di aumentare il sostegno al sionismo nel secondo dopoguerra e portò nel 1948 alla nascita dello Stato di Israele. I conflitti con il mondo arabo si espressero in quattro guerre, una guerra civile in Libano, attacchi ai campi profughi, tre “intifade” (rivolte degli arabi contro gli occupanti israeliani) e numerose “operazioni” militari da parte degli israeliani.

In una risoluzione del 1975 l’ONU equiparò il sionismo al razzismo; molti storici hanno accusato Israele di pulizia etnica; alcuni hanno trovato che la vittima (gli Ebrei) del persecutore (i nazisti) ha rovesciato le parti usando i metodi appresi dal persecutore; molti religiosi ebrei hanno ricordato che la “Terra Promessa” è una metafora della pace interiore e non della guerra esteriore e che comunque è un auspicio di pace per tutto il mondo e non di dominio di Israele sul mondo; molti esponenti ebrei socialisti e comunisti affermano che l’antisemitismo si combatte con la rivoluzione sociale.

Tutte queste violenze hanno portato Israele ad essere percepito come una colonia dell’Occidente che cerca, a sua volta, di espandere il proprio potere territoriale con un proprio colonialismo: gli USA tra il 1948 e il 2023 hanno elargito 300 miliardi di dollari - molto di più delle elargizioni a qualsiasi altro paese – che si aggiungono alle “donazioni” degli ebrei sparsi per il mondo e i 30 miliardi di dollari come “fondi di riparazione” da parte della Germania Ovest in ragione della Shoah; i suoi rapporti commerciali sono soprattutto con i paesi potenti (e non con i paesi vicini): importa soprattutto da Cina, USA e Svizzera, esporta soprattutto in USA, Cina ed India; attraverso l’hi-tech (prima ad uso militare e dopo anche ad uso civile) Israele è diventata la “startup nation” ed è il secondo stato più ricco del Medio Oriente dopo il Qatar.

Si può dunque dire, a ragione, che Israele è il paese più “maschio” al mondo e che ha bisogno di un nemico altrettanto “maschio”, come Hamas, laddove solo l’emergere della “femmina” uguaglianza/rispetto/fratellanza può risolvere la rissa tra i focosi contendenti.

(Ragazzi di destra …)

Adolfo Santoro

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